La norma che prescrive una distanza minima tra farmacie di 200 metri è senz’altro «funzionale alla tutela di interessi pubblici connessi al buon espletamento del servizio», ma va comunque a confliggere con il principio della libera concorrenza sancito dalla legislazione nazionale e comunitaria, per cui «nei casi dubbi va data prevalenza all’interpretazione che salvaguarda il libero esercizio dell’attività economica». E’ quanto scrive il Tar Lombardia nella sentenza (pubblicata ieri) che respinge il ricorso presentato da due farmacisti titolari milanesi contro il trasferimento nella centralissima via San Prospero della farmacia “ammiraglia” di Hippocrates Holding.
Il contenzioso risale all’estate 2020, quanto l’Ats Città Metropolitana (l’ex Asl di Milano) concede a Hippocrates l’autorizzazione a trasferire la farmacia di via Bassano Porrone nei nuovi locali di via San Prospero, con ingresso da via Broletto. I due farmacisti, titolari delle vicine farmacie Cordusio e Broletto, impugnano il provvedimento davanti al Tar perché la nuova sede disterebbe meno dei 200 metri prescritti dalla legge. Per i ricorrenti, infatti, che, l’articolo 1 della legge 475/68 impone di calcolare la distanza «dalle soglie di ingresso dei locali» che nel caso della farmacia di Hippocrates coinciderebbe «con la porta a vetri scorrevole che si affaccia su via Broletto», a prescindere «dalla disposizione interna dei locali».
Nei loro rilievi, invece, i tecnici dell’Ats avevano identificato la soglia con la porta di accesso all’area commerciale della farmacia, divisa dall’ingresso a vetri scorrevoli (affacciato sul marciapiedi) da un lungo corridoio ricompreso all’interno dello stabile dove ha sede la farmacia stessa. «La distanza legale» riassume il Tar «risulta rispettata se si ritiene che la soglia della Farmacia Centro Milano sia collocata alla fine del corridoio coperto. Diversamente, dove si ritenga che la soglia debba essere fatta coincidere con l’ingresso prospicente la sede stradale, la distanza non potrà dirsi rispettata».
Per i due farmacisti vale la seconda interpretazione e «l’Ats non avrebbe effettuato alcuna verifica per accertare il rispetto delle distanze legali». Per il Tar Lombardia, invece, l’Ats ha provveduto a verificare materialmente le distanze legali e la sua interpretazione rispetto al caso specifico è corretta: il corridoio «non può essere considerato parte della farmacia, perché è nella disponibilità giuridica di un soggetto diverso dal titolare della stessa» e perché «il corridoio è strutturalmente e funzionalmente separato dai locali dell’esercizio, posto che per entrare in questi ultimi occorre superare un’ulteriore porta di ingresso».
In aggiunta, conclude la sentenza del Tar, anche laddove la collocazione dell’effettivo ingresso della farmacia rimanesse una questione aperta, non va dimenticato che «la norma relativa alle distanze minime tra farmacie è sì funzionale alla tutela di interessi pubblici connessi al buon espletamento del servizio, ma resta pur sempre confliggente con il principio di libera concorrenza sancito dalla legislazione interna e comunitaria. Tale norma, dunque, deve essere interpretata in maniera restrittiva, con la conseguenza che, nei casi dubbi, va data prevalenza all’interpretazione che salvaguarda il libero esercizio dell’attività economica».