Il medico di famiglia «rappresenta il professionista di riferimento» cui affidare la guida «dei processi di prevenzione primaria e secondaria, diagnosi e cura della maggior parte dei problemi di salute dei loro assistiti». E’ quindi fondamentale «la creazione di alleanze tra sistemi sanitari regionali e medici di medicina generale» per «indirizzare le attività verso i bisogni sempre più complessi e articolati dei cittadini». E in tale contesto, il «ruolo di sentinella tipico dei medici di medicina generale» orienterà «l’utilizzo delle farmacie dei servizi per intercettare maggiormente i fragili “sociali”». Sono alcuni passaggi chiave del patto d’intenti che il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, e il segretario nazionale della Fimmg (ossia il sindacato più rappresentativo della medicina generale), Silvestro Scotti, hanno firmato ieri a Bologna. L’intesa, non più di tre pagine dattiloscritte, fissa alcuni principi che faranno da guida nelle strategie della Regione in materia di cure primarie, assistenza territoriale e presa in carico delle cronicità. E sancisce una prima apertura alle proposte della Fimmg sulla riorganizzazione della medicina generale, a partire dalle aree rurali.
Il documento, in particolare, esordisce con una serie di considerazioni sulla figura del medico di famiglia che servono a sostenere la scelta di affidargli il ruolo di regista delle cure primarie e intermedie: tale setting, si legge nel patto d’intenti, è infatti «contrassegnato da caratteristiche di continuità, globalità dell’intervento, integrazione con produzione di prestazioni e servizi assistenziali incentrati sulla persona». Diventa dunque evidente «la centralità della loro partecipazione nell’elaborare programmi tesi al mantenimento e al miglioramento continuo degli standard assistenziali».
In questo contesto, occorre allora «prevedere nuovi orizzonti che vedano i mmg coinvolti attivamente», perché nelle medicine di gruppo e nelle Case della salute siano «centro di offerta di ulteriori prestazioni sanitarie»; contribuiscano «all’attuazione di Percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali (Pdta) per patologie croniche e rilevanti»; garantiscano la continuità dell’assistenza diurna, prefestiva e festiva; potenzino l’assistenza domiciliare; assicurino la continuità delle cure e il potenziamento delle forme alternative al ricovero ospedaliero.
Non solo: il documento assegna ai medici di famiglia anche il compito di «orientare» la farmacia dei servizi, perché «intercetti maggiormente i fragili “sociali”». Il passaggio pecca di chiarezza ma a tradurre provvede Silvestro Scotti: «In sostanza» spiega il segretario nazionale della Fimmg a FPress «è il recepimento di ciò che noi sosteniamo da tempo: la farmacia dei servizi può essere una risorsa per il Ssn soltanto se c’è complementarità con i servizi offerti dai mmg, se si pone in concorrenza non si va da nessuna parte».
Per Scotti, dunque, l’intesa mette a segno un punto anche a favore delle farmacie, nonostante Federfarma non fosse presente alla firma. «Questo paragrafo non l’abbiamo scritto noi né siamo intervenuti sulla forma, è tutta farina della Regione» mette le mani avanti il segretario della Fimmg «e quell’accenno ai fragili “sociali” va letto come un invito a lavorare tanto sul fronte sanitario quanto quello sociale». Con i medici di famiglia – come scrive il documento – nel «ruolo di sentinella» in virtù del «rapporto fiduciario» che il paziente ha con loro. E non con la farmacia.