La gestione responsabile della presa in carico della cronicità attraverso un nuovo modello organizzativo, in cui operino in modo integrato farmacista, medico e infermiere, può «portare l’aderenza terapeutica al massimo livello», con un impatto stimabile «in circa tre miliardi di euro di risparmi, pari al 45% della spesa farmaceutica convenzionata 2017». E’ uno dei passaggi salienti del nuovo Piano sociosanitario toscano 2018-2020, approvato lunedì dalla giunta guidata dal governatore Enrico Rossi (foto) e ora in viaggio per l’assemblea regionale (dove dovrà essere esaminato dalla commissione Sanità e quindi dall’aula).
Otto i grandi obiettivi strategici (chiamati driver) che il documento si propone di realizzare: ridurre le disuguaglianze di salute e sociali, gestire la cronicità, sviluppare nuovi modelli di “care”, accelerare l’utilizzo dell’innovazione e sfruttare la rivoluzione dell’informazione, creare una nuova relazione con i cittadini e le comunità, ridisegnare le competenze. creare una nuova alleanza con i cittadini per preservare il sistema sociosanitario, pianificare in maniera condivisa le cure nell’ultima fase della vita. Per ogni obiettivo, in sostanza, il Piano elenca una serie di azioni articolate su undici target di popolazione, individuati per fasce di età o condizione sociale: bambini, genitori, giovani, donne, anziani, disabili, stranieri eccetera.
Il capitolo più “caldo”, almeno per le farmacie, è ovviamente quello della cronicità: «lo sviluppo di bisogni complessi» si legge piuttosto «rinnova il ruolo dei medici di medicina generale (mmg) e richiede uno sviluppo del lavoro in team. Un sistema di cure che può usufruire del buon funzionamento di forme organizzate di cure primarie, come in questa regione le Aggregazioni funzionali territoriali (Aft), garantisce soddisfacenti risultati clinici e relazioni di cura, anche a lungo termine, tra i pazienti e i curanti». La chiave, soprattutto per assicurare continuità e integrazione tra ospedale e territorio, saranno i Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali e sociali (Pdtas), che agevoleranno anche la collaborazione tra sanitario e sociale.
In questa cornice l’apporto delle tecnologie sarà strategico: «i servizi di telemedicina rivolti a pazienti cronici» recita il Piano «possono facilitare la possibilità di operare in rete, con una più facile accessibilità a cure integrate, anche nei contesti più svantaggiati dal punto di vista geografico. La telemedicina favorisce la gestione domiciliare della cura, riduce gli spostamenti futili e i relativi costi sociali». In particolare, le fasi di cura e riabilitazione possono trovare beneficio da un sistema di «trasmissione dei parametri vitali tra il paziente (a casa, in farmacia, in strutture assistenziali) e una postazione di monitoraggio» dove un medico interpreta i dati e adotta le scelte terapeutiche necessarie.
Anche nell’aderenza terapeutica il Piano riserva un ruolo alle farmacie, prioritariamente in chiave appropriatezza. Sono due, si legge in particolare nel documento, «gli strumenti per garantire la salute dei cittadini e la sostenibilità del sistema: la riconciliazione della terapia e la lotta agli sprechi dei farmaci grazie al loro riutilizzo». A tal fine, il Piano considera «determinante il ruolo svolto dai mmg, dagli infermieri “di famiglia”, dai farmacisti ospedalieri e dalle farmacie dei servizi». Il pericolo di effetti collaterali da farmaci, si legge, triplica dopo i 65 anni e quadruplica dopo i 75, soprattutto per la frequente mancanza di una regia terapeutica che indichi priorità di trattamento e riconsideri periodicamente gli schemi farmacologici. «Applicando una saggia de-prescrizione» è la stima «almeno tre milioni di ricoveri di anziani sarebbero evitabili». É quindi necessario, prosegue il documento, che «i farmacisti con le farmacie dei servizi, gli infermieri di famiglia e i medici di medicina generale siano gestori responsabili della presa in carico della cronicità, migliorando l’aderenza alla terapia, e conseguentemente generando la riduzione degli accessi al pronto soccorso e i ricoveri in ospedale. La via per la sostenibilità può essere cambiare il modello organizzativo che affronta la cronicità. Il lavoro integrato di farmacista, medico ed infermiere, grazie alla riconciliazione della terapia, può portare l’aderenza al massimo livello».
Il contributo alla riduzione dello spreco di medicinali non più utilizzati, inoltre, «può venire da una maggiore consapevolezza da parte dei cittadini del valore non solo individuale ma anche sociale del bene “farmaco” e dalla messa in atto di progetti con le farmacie dei servizi, con i distretti, gli infermieri di famiglia e i medici di medicina generale per garantire la salvaguardia dagli sprechi». Sulla base del dato relativo al numero dei “ricoveri evitabili”, è la conclusione, «possiamo stimare l’impatto di questo modello organizzativo in circa tre miliardi di euro di risparmi, pari al 45% della spesa farmaceutica convenzionata 2017». Forse non è l’aderenza terapeutica che si aspettavano le farmacie.