Nel 2020, la Sanità laziale ha erogato quasi un milione e mezzo di prestazioni in meno rispetto all’anno precedente tra prime visite, visite specialistiche, interventi chirurgici, ricoveri ed esami strumentali. Colpa ovviamente dell’emergenza covid, che ha sottratto attenzione e risorse all’attività programmata e ordinaria delle strutture sanitarie. L’indicazione arriva dal secondo Report sull’accesso alle prestazioni sanitarie, realizzato da Cittadinanzattiva Lazio in collaborazione con l’assessorato regionale alla Salute. In un anno, dicono le rilevazioni, l’unica prestazione che cresce in volumi è quella degli interventi chirurgici per tumore al retto, 63 operazioni in più nel 2020 sul 2019. Calano nvece tutte le altre: prime visite (-678.500), prestazioni strumentali (-292.618), esami specialistici (-428.719), interventi chirurgici (-9.834), prestazioni in ricovero ordinario (-24.010).
«Il servizio sanitario territoriale appare appesantito, fragile ed esausto nelle diverse componenti» commenta Elio Rosati, segretario regionale di Cittadinanzattiva Lazio «così come restano le criticità relative alla integrazione effettiva tra ospedale e territorio, tra sociale e sanitario, tra enti locali, Asl e Aziende ospedaliere».
Significativi anche i dati provenienti dal monitoraggio di 24 Pronto Soccorso laziali: su 1.095.763 interventi, i Codici bianchi sono stati il 2,54%; i Codici verdi il 66,38%, i Codici gialli il 27,09% e i Codici rossi appena il 4%. Sommati i codici di minore urgenza, si tocca il 68,92% del totale.
«Permane il rischio di avere solo il Pronto Soccorso come unico punto di riferimento per i cittadini» riprende Rosati «il che rappresenta un segnale ancora senza risposta delle difficoltà di accesso che contraddistinguono i servizi territoriali, incapaci di fare da filtro in modo efficace per una serie di situazioni che potrebbero e dovrebbero essere gestite in altri luoghi».