Ammonterà a 50-100 dosi di Johson&Johson alla settimana la “potenza di fuoco” di ognuna delle circa 1.200 farmacie laziali che hanno dato la propria disponibilità a vaccinare. E’ quanto prevede l’accordo integrativo con cui Regione Lazio, Federfarma e Assofarm hanno recepito il protocollo quadro del 29 marzo per la vaccinazione covid in farmacia. L’intesa recepisce in buona parte le indicazioni dettate a livello nazionale, ma rispetto ad altri accordi regionali fissa requisiti di dettaglio sotto il profilo organizzativo e strutturale che potrebbero rivelarsi impegnativi.
Per cominciare, il testo obbliga a effettuare le vaccinazioni «in ambiente distinto da tutte le aree fruibili al pubblico, dedicato esclusivamente allo svolgimento di tutte le fasi dell’iter vaccinale e dotato di un percorso dedicato dall’ingresso all’uscita del paziente». Le farmacie che non dispongono di tali spazi, prosegue l’accordo, «potranno effettuare le vaccinazioni negli orari di chiusura», ma è evidente che in questo caso i 10-20 vaccini al giorno stimati dall’intesa come capacità vaccinale media di ogni farmacia non potranno essere raggiunti.
Ci sarebbe un’alternativa ancora: l’intesa infatti ammette la possibilità di vaccinare in «locali separati o unità mobili», purché non disti più di 200 metri dalla soglia della farmacia (o di una delle farmacie che l’utilizzano pluralmente) e sia ubicato all’interno dei confini della sede farmaceutica.
I vaccini verranno consegnati a cadenza settimanale (come detto 10-20 flaconi, ossia 10-20 dosi al giorno per cinque giorni) attraverso il circuito della dpc, tramite i grossisti della filiera del farmaco. Consentono tale assetto le condizioni di trasporto e conservazione del vaccino J&J (2-8°C, quelle abituali della logistica del farmaco) ma su tutti i piani grava l’incognita relativa alle resistenze che il prodotto sta incontrando tra i vaccinandi dopo i casi di trombosi con trombocitopenia registrati negli Usa (in Campania e Sicilia si registrano tassi di rinuncia anche del 40%).
Sembra sfumare, invece, l’eventualità circolata nei giorni scorsi che le farmacie laziali possano vaccinare in modalità “walk-in”, cioè ad accesso diretto. L’accordo, infatti, obbliga gli assistiti a prenotare tramite la piattaforma regionale Recup, dove troveranno l’elenco delle farmacie disponibili e geolocalizzate. Ogni esercizio, dal canto suo, potrà definire sulla piattaforma la propria agenda delle vaccinazioni, in modo da permettere agli assistiti di avere il quadro delle fasce orarie libere e scegliere in base alle proprie preferenze.
La scelta di fare perno sul Recup è anche il risultato di alcuni spiacevoli episodi risalenti alle settimane scorse, che hanno visto qualche farmacia affiggere cartelli per invitare i clienti a prenotare già da subito vaccino e seduta. Queste fughe in avanti, sulle quali l’Ordine è stato chiamato a intervenire, non hanno incontrato il gradimento della Regione, che ha quindi preferito affidare alla sua piattaforma cup tutta la fase delle prenotazioni.
Chiude il capitolo relativo ai compensi: ai 6 euro riconosciuti dall’accordo nazionale, l’intesa regionale riconosce altri sei euro per oneri di logistica, approvvigionamento dpi e smaltimento rifiuti. Per i fondi si attingerà alle risorse originariamente destinate alla sperimentazione della farmacia dei servizi, che ormai assomiglia sempre di più a un guscio vuoto.