La Regione Piemonte prova ad accelerare per giungere in temi rapidi al rinnovo della convenzione integrativa con i medici di famiglia, in modo da chiudere sulle Case della salute e delegare a tali aggregazioni la gestione delle cronicità. Ma tra i sindacati della medicina generale c’è chi punta i piedi: è lo Snami, la seconda sigla di categoria a livello nazionale per rappresentatività, che nei giorni scorsi ha sventolato minacce di sciopero davanti all’assessore alla Salute, Antonio Saitta. «Non si capisce il perché di questa accelerazione improvvisa» spiega a FPress Mauro Grosso Ciponte, presidente di Snami Piemonte «soprattutto se si considera che la Regione non intende mettere risorse sul piatto. E nonostante ciò, vorrebbe costringere i medici a spostarsi nelle Case della salute e lavorare di più, anche per farsi carico delle cronicità».
Per lo Snami, in particolare, le Case della salute continuano a essere un brande buco nero: nell’autunno scorso la giunta regionale aveva approvato un nuovo stanziamento di 8 milioni di euro per portare a 56 il totale delle strutture in attività (attualmente ne è aperta la metà circa). «I piani sarebbero di averne una per distretto» riprende Grosso Ciponte «ma noi continuiamo a non capire a che servano. In Piemonte facciamo già da tempo l’h24 con le cosiddette équipes, non c’è bisogno di inventarsi altro».
Anche il Piano regionale sulle cronicità approvato di recente dalla Regione, ha il suo peso sull’accelerazione. «Vorrebbero scaricare le incombenze sui medici di famiglia che lavorano nelle Case della salute» osserva il presidente di Snami Piemonte «ma se ci fossero le risorse basterebbe potenziare l’assistenza domiciliare, aumentare gli infermieri, reclutare nuovi specialisti. E invece le risorse non ci sono, così la Regione pensa di dare tutto ai mmg. A costo zero: pensano di andare a recuperare un po’ di soldi da fondi pregressi assegnati alla medicina generale, ma quelli sono già soldi nostri e dunque sarebbe soltanto una partita di giro. Sono giochetti che non ci piacciono, se la Regione insiste siamo pronti anche allo stato di agitazione».