Giro di vite, in Puglia, sulla spesa farmaceutica convenzionata, quella cioè che passa per le farmacie del territorio. A impartirlo una delibera approvata ieri dalla giunta regionale, che raccomanda ai direttori generali delle Aziende sanitarie locali di adottare «adeguate misure per il rispetto dei tetti di spesa». Tra queste, suggerisce il provvedimento, dovrebbe esserci un’intensificazione delle «attività di controllo nei confronti dei medici prescrittori», affinché vengano rispettate «le linee guida regionali e aziendali in materia di appropriatezza».
A spingere all’intervento la giunta regionale i conti dell’assistenza farmaceutica relativi al 2018: nonostante nel biennio la spesa convenzionata sia calata di 74 milioni di euro, il servizio sanitario pugliese chiude l’ultimo anno con un nuovo sfondamento, pari a 11,7 milioni. Lo scostamento dalla media nazionale, si legge nella delibera, risulta sensibilmente più marcato in alcune categorie di medicinali», come gli antibatterici per uso sistemico (cefalosporine di terza generazione, +38% rispetto alla media nazionale, e fluorochinoloni, +34%), le vitamina D e analoghi (colecalciferolo, +38%), gli inibitori della pompa protonica (+22%), gli eparinici (+70%) e i preparati inibenti la formazione di acido urico (+90%).
Più in generale, dicono le tabelle che accompagnano la delibera, la spesa convenzionata netta ha toccato nel 2018 i 148,92 euro procapite, per uno scostamento dell’11,25% dai valori nazionali; le confezioni pesate procapite, invece, ammontano a 21,23 (+8,99% sulla media Italia), le ddd ogni mille abitanti 1.255,77 (+30,02%).