La farmacia può offrire servizi di autocontrollo «anche con il supporto di un operatore, eventualmente formato dal fornitore del dispositivo, al fine di garantire il corretto utilizzo dell’apparecchiatura da parte del cliente». E l’eventuale presenza di tali operatori «non configura il servizio come attività sanitaria da svolgersi in ambulatorio medico». E’ quanto precisa una circolare diffusa nei giorni scorsi dalla Regione Emilia Romagna con l’obiettivo di «agevolare l’adozione di comportamenti coerenti e uniformi nell’ambito dell’attività ispettiva» condotta dalle aziende sanitarie. In altri termini, il documento dovrebbe porre fine alla discordanza di interpretazioni con cui finora le Asl emiliane valutavano l’offerta di servizi di autoanalisi da parte delle farmacie del territorio.
Nella stessa circolare, emanata dal Servizio assistenza territoriale della Regione, vengono forniti chiarimenti anche a proposito dei servizi di telemedicina, che possono essere erogati in farmacia purché siano rispettate «le Linee di indirizzo nazionali di cui all’intesa Governo-Regioni del 20 febbraio 2014»: in tale contesto, chiarisce la circolare, «la farmacia si configura come luogo di utilizzo dell’apparecchiatura, distinto dal luogo di erogazione della prestazione in telemedicina (cioè dove avviene la refertazione)», quindi neanche in questo caso i locali della farmacia diventano «ambulatorio medico». Tutte le apparecchiature di autoanalisi o telemedicina utilizzate, rammenta in ogni caso la Regione, devono recare la marcatura Ce «oppure disporre di una certificazione di conformità valida».
Come riferisce la comunicazione con cui Federfarma nazionale ha diffuso la circolare, l’intervento è frutto di un confronto tra Regione e sindacato titolari emiliano-romagnolo avviato «per fronteggiare interpretazioni adottate da alcuni Enti del Ssr fortemente penalizzanti».