Dopo il Piemonte provvede anche il Lazio a regolamentare televisita e teleconsulto per l’erogazione da parte delle strutture pubbliche e private accreditate. Provvede allo scopo il decreto del commissario ad acta U00103 del 22 luglio, che inserisce a pieno titolo le due prestazioni nel Cur, il Catalogo unico regionale. Il provvedimento, in particolare, definisce procedure, requisiti organizzativi e ambiti di applicazione delle nuove attività. La televisita, così, è «l’atto sanitario in cui il medico interagisce in tempo reale con il paziente a distanza, la diagnosi che scaturisce dalla televisita può dar luogo alla prescrizione di farmaci o di cure»; il teleconsulto, invece, «è un’indicazione di diagnosi e/o scelta di una terapia senza la presenza fisica del paziente, un’attività di consulenza a distanza che permette a un medico di chiedere il consiglio di uno o più colleghi in ragione di specifico titolo di formazione e competenza, sulla base di informazioni cliniche legate alla presa in carico del paziente».
L’una e l’altro, si legge nelle linee guida che accompagnano il decreto, sono rivolti ai pazienti cronici, fragili, che richiedono trattamenti di lungo periodo e alle persone che necessitano di assistenza e/o supporto territoriale non differibile; ai pazienti con covid-19 sospetta o confermata, in buone condizioni di salute; ai medici di mg e ai pediatri di libera scelta (teleconsulto), al medici specialisti ospedalieri e territoriali e agli Infermieri e terapisti della riabilitazione.
Tra le televisite, il documento cita quella specialistica ambulatoriale, diretta a facilitare – nell’attuale emergenza – il «controllo/contatto a distanza dei pazienti da parte dei medici di riferimento». Tale modalità, dunque, può essere utilizzata dal medico «per supportare il controllo clinico di quei pazienti che già conosce, per averli in precedenza visitati almeno una volta» e riavviare «l’erogazione delle attività pregresse sospese a causa dell’emergenza».
Medico di famiglia e pediatra, invece, possono utilizzare la televisita verso i pazienti in isolamento domiciliare o quarantena, «per una rivalutazione, per quanto possibile a distanza, dello stato di salute dei propri assistiti, favorendo per ragioni di salute pubblica la loro permanenza al domicilio». Nel corso del colloquio, «il medico può valutare il questionario di telesorveglianza compilato dal paziente e i parametri clinici acquisiti manualmente o tramite telemonitoraggio, raccogliere ulteriori informazioni anamnestiche, valutare l’opportunità di effettuare prescrizioni digitali, allertare eventualmente il 118 per il trasporto in sicurezza del paziente in ospedale».
Per tutte le attività a distanza, dicono ancora le linee guida regionali, strutture pubbliche e private accreditate potranno utilizzare sistemi propri oppure servirsi della piattaforma regionale per la telemedicina Salute Digitale, disponibile a titolo gratuito per la videoconferenza, «con possibilità di erogazione del servizio in modalità cloud ovvero on-premise».