Aveva sottoscritto contratti con Protezione Civile e Regione Toscana per la fornitura di quasi 100 milioni di mascherine, in cambio di corrispettivi del valore complessivo di 45 milioni di euro. Si tratta della società di Prato che da qualche giorno è al centro dell’indagine avviata dalla Guardia di Finanza in collaborazione con i comandi delle Fiamme Gialle di diverse province. All’origine dell’operazione, che ieri ha portato alle prime ordinanze di custodia cautelare, una ditta del tessile appartenente a una persona di origini cinesi che formalmente risultava tra i dipendenti: alcuni controlli hanno portato alla luce estese irregolarità e numerosi casi di sfruttamento del lavoro, con operai impiegati a «nero» e costretti a turni di 13/16 ore giornaliere, in condizioni degradanti e pericolose.
Le verifiche hanno poi rivelato che l’imprenditore occulto aveva riconvertito di recente la propria attività manifatturiera per passare alla fabbricazione di mascherine facciali, tramite due nuove società gestite con le medesime modalità e anch’esse intestate a prestanome. La produzione, in particolare, avveniva per conto di una società di Prato riconducibile a due fratelli anch’essi di origine cinese, che – secondo quanto appurato dai finanziari – riforniva abbondamentemente la Regione Toscana (tramite Estar, la Centrale acquisti regionale), il Dipartimento della Protezione Civile e importanti catene private della grande distribuzione.
In particolare, spiega la GdF in una nota, la società aveva stipulato con i due enti pubblici contratti per la fornitura di 93 milioni di mascherine alla Protezione Civile e 6,7 milioni a Estar, a fronte di pagamenti netto iva pari a 41,8 e 3,2 milioni di euro. Per rispettare tali impegni, la società pratese si è avvalsa di 28 aziende contoterziste, tutte riconducibili a soggetti di etnia cinese (tra le quali le tre da cui è partita l’intera indagine). E tutte sospettate, riferisce la Guardia di Finanza, «di analoghe criticità circa il modo di operare, quanto meno in termini di impiego di mano d’opera “in nero” e violazioni delle norme che regolano la sicurezza sui luoghi di lavoro».
La società capofila, secondo quanto scoperto dagli investigatori, avrebbe poi attestato false dichiarazioni nel Documento di gara unico europeo (Dgue) relativo all’appalto con Estar: oltre ad aver escluso il ricorso a subappalti (forse nella consapevolezza che le ditte cui poi si sarebbe appoggiata non erano in possesso dei requisiti di legge), l’impresa avrebbe anche dichiarato il falso riguardo all’inesistenza di pendenze con il Fisco. Per di più, le Fiamme Gialle hanno scoperto che in precedenza l’Istituto superiore di sanità aveva espresso parere sfavorevole alla produzione e commercializzazione di mascherine da parte dell’azienda, per insussistenza dei requisiti previsti.
Le indagini, che proseguono a ritmo serrato, si sono ora allargate ad altre due società con sede nella provincia di Firenze, gestite da italiani in stretti legami di collaborazione con l’azienda pratese. Anche queste due ultime imprese risultano destinatarie di commesse da parte di Protezione Civile e Regione Toscana, sulle quali grava il sospetto di analoghe criticità. I reati complessivamente ipotizzati sono quelli di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, favoreggiamento e sfruttamento dell’immigrazione clandestina, violazioni alla sicurezza sui luoghi di lavoro, violazioni al codice degli appalti, frode nelle pubbliche forniture e truffa ai danni dello Stato.