La Sanità trentina spende troppo per la diabetica, perché affida acquisto e fornitura dei dispositivi alle farmacie del territorio anziché procedere a gara pubblica come fanno Regioni virtuose tipo l’Emilia Romagna. E’ l’affondo lanciato nei giorni scorsi sulla stampa locale da Walter Alotti, segretario generale della Uil del Trentino, che cita dati provenienti dall’ultima indagine dell’Anac l’Autorità nazionale anticorruzione. «In Trentino» attacca Alotti «la spesa per tali dispositivi ammonta a 303,71 euro per paziente, la media nazionale si ferma a 158,98 euro e in Emilia scende ad appena 51,10 euro». Stesso discorso, prosegue il sindacalista, per il prezzo unitario delle lancette pungidito: alla Provincia autonoma costano 28,86 euro, in Emilia Romagna due euro soltanto.
Gli affondi vengono però rispediti al mittente da Federfarma Trento, che ricorda i risparmi conseguiti dalla Provincia con il recente rinnovo dell’accordo sulla dpc: quasi un milione di euro di minore spesa, provenienti in buona parte dall’abbassamento della quota a pezzo (da 6,40 a 5,95 euro, comprensivi della quota al distributore pari a 1,80 euro) riconosciuta indistintamente alle farmacie urbane e rurali. Tenuto conto che in Trentino la dpc movimenta in un anno circa 320mila confezioni, ne deriva un risparmio per le casse pubbliche di quasi 800mila euro. In più, l’intesa rivede al ribasso anche le tariffe della diabetica: il compenso per le strisce scende a 0,49 euro (0,54 per le rurali sussidiate), quello per gli aghi rimane invariato a 0,11 centesimi. «E’ un accordo che grosso modo non scontenta nessuno» commenta a FPress il presidente di Federfarma Trento, Paolo Betti «le critiche della Uil, di conseguenza, sono ingenerose perché l’accordo viene incontro alle esigenze di risparmio della Provincia e allo stesso tempo riconosce ai malati la libertà di scelta».