Piovono nuove critiche sul pacchetto di misure varato di recente dalla Regione Umbria per contenere la spesa farmaceutica locale. Dopo Cittadinanzattiva, che per mano del suo segretario generale, Annalisa Mandorino, aveva espresso forti perplessità sul piano in un articolo pubblicato da Sanità24, e Federfarma, che ieri ha condiviso i dubbi dell’associazione, è ora la volta di Farmindustria ed Egualia esprimere preoccupazione per gli interventi sulla spesa. «La decisione della Regione Umbria» osserva in particolare Marcello Cattani, presidente di Farmindustria «limita il diritto alla salute dei pazienti, che vengono privati della terapia più appropriata, e la libertà dei medici che non potranno più in scienza e coscienza scegliere e prescrivere la cura migliore. E questo perché obbligati a rispettare tetti di spesa ospedaliera totalmente sottodimensionati e non adeguati ai reali bisogni dei cittadini».
Per Cattani, «è sempre più urgente abbandonare la logica dei silos, dei tagli lineari, dei tetti di spesa, dei payback, basata su una visione che fa male a tutti. Ed è invece sempre più importante una governance finalmente moderna e al passo con i tempi, che permetta l’accesso dei pazienti rapido e omogeneo sul territorio a farmaci e vaccini. Con risorse finalmente adeguate alla domanda di salute in Italia. Ecco perché è più che mai necessaria una cabina di regia nazionale che renda omogenea l’erogazione delle prestazioni e dunque delle cure a tutti i cittadini».
Sconcerto e preoccupazione anche da Egualia, l’associazione dei prodotto di generici: «La Regione si accinge a tagliare le prestazioni in aree in cui sono disponibili medicinali capaci di garantire cure appropriate a prezzi accessibili» recita una nota «come è il caso dei numerosi biosimilari presenti sul mercato, che consentirebbero di coniugare appropriatezza prescrittiva, migliore e più ampio accesso alle cure e reinvestimento delle risorse per le cure più innovative a maggior costo». Obiettivi di questo genere, conclude l’associazione, «non sono realizzabili se non attraverso percorsi condivisi e partecipati con i clinici e con il coinvolgimento attivo dei pazienti che vanno informati e resi consapevoli delle scelte terapeutiche».