Sulle medicine di gruppo integrate, la formula adottata in Veneto per vestire le Uccp, le aggregazioni complesse dei medici di famiglia, la Regione innesta la retromarcia: non se ne faranno altre e quelle già autorizzate, un’ottantina, delle quali 55 già aperte, verranno “retrocesse” a semplici medicine associate. All’origine del dietrofront, come rivela la stampa regionale, il categorico stop impartito nelle settimane scorse da ministero delle Finanze prima e Corte dei conti dopo: il modello veneto delle medicine di gruppo integrate, è l’accusa, costa troppo e non può essere sostenuto ulteriormente, anche perché altre Regioni potrebbero essere indotte ad adottarlo.
Le considerazioni del Ministero, in particolare, sono quelle già espresse a ottobre dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, che lavora sotto l’egida del Mef. Davanti a un rapporto della Regione che quantificava in 80 milioni di euro la spesa sostenuta fino a quel momento per le medicine integrate già aperte e in 50 milioni la spesa ancora da affrontare per le altre, il Tavolo aveva subito fatto scattare l’allarme: il modello, era in sintesi l’accusa, non è sostenibile. Confermano i numeri snocciolati dalla Corte dei conti nell’ultima Relazione al Parlamento sulla gestione dei servizi sanitari regionali: nel 2016 i costi della medicina generale sostenuti dalla Regione Veneto sono aumentati di 8 milioni di euro, nonostante nel periodo non siano intervenuti rinnovi contrattuali. E gli oneri da sostenere a regime, secondo le stime della stessa Regione, ammontano a 130 milioni di euro all’anno. Troppi, per il Tavolo e per il Mef.
Alla giunta Zaia non è rimasto che adeguarsi. La trentina di medicine di gruppo integrate che ancora devono essere aperte sono state cancellate e quelle già istituite verranno ridimensionate in medicine di gruppo semplici – cioè studi associati di medici di famiglia, aperti 7 ore al giorno (anziché 12 o 24) e senza specialisti o personale di supporto – una volta conclusa la sperimentazione triennale. Non è esattamente l’azzeramento che le farmacie del territorio avrebbero gradito, ma il dietrofront della Regione viene comunque accolto positivamente: «Noi lo dicevamo da sempre che il modello delle medicine integrate è anti-economico» commenta a FPress il presidente di Federfarma Belluno, Roberto Grubissa, in passato protagonista di diverse battaglie contro le Uccp sorte nella sua provincia «soprattutto nei territori montani, dove a fronte di una popolazione dispersa la concentrazione dei medici in studi aggregati è soltanto un controsenso. Non a caso, da queste parti si era schierata contro le medicine integrate anche la Conferenza dei sindaci». Il contrordine, peraltro, non porterà allo scioglimento delle aggregazioni: «I medici di famiglia continueranno a lavorare in studi associati» prosegue Grubissa «dunque la rete territoriale delle cure primarie rischia di restare sbilanciata. La nostra speranza è che alla fine ci sia un r avvedimento anche su questo».
Commenti anche da Farmacieunite: «Le medicine di gruppo integrate erano state varate perché sgravassero i pronto soccorso dagli accessi impropri» ricorda il presidente, Franco Gariboldi Muschietti «ma i risultati non si sono visti e i costi si sono rivelati superiori al previsto. Spiace per i medici di famiglia che hanno abbracciato questo modello, ma si sarebbe dovuto capire che non aveva senso diradare la rete della mg e al contempo infittire con le nuove aperture del concorso quella delle farmacie del territorio».