Sono quasi 800 i farmaci che risultano indisponibili in Svizzera secondo l’ultimo rapporto dell’Ufficio federale per l’approvvigionamento economico. Un numero così preoccupante da indurre le autorità a istituire una task force perché studi con urgenza le contromisure più efficaci. I problemi di approvvigionamento sono gli stessi che si registrano in Italia e in altri Paesi e riguardano principalmente le formulazioni orali, gli antibiotici e alcuni antitumorali. Quanto alle cause, tutte le analisi rimandano alla pandemia di coronavirus e alle strozzature nella produzione dei principi attivi dovute ai lockdown, soprattutto in Cina.
Complica anche il fatto che le rotture di stock interessino principalmente il livello territoriale anziché quello ospedaliera, dove sono più numerosi i distributori e i punti di dispensazione (farmacie e medici di famiglia). Nel 2022, dicono le statistiche del Centro di notifica dell’Ufficio federale per l’approvvigionamento, le segnalazioni di indisponibilità provenienti dalle aziende è aumentato di circa il 9% rispetto al 2019. E sono state più di 150 le richieste di accesso alle scorte obbligatorie (per una copertura di tre o quattro mesi) che le aziende devono approntare per legge.
In un’intervista, l’ex vicepresidente dell’Ufficio federale della sanità pubblica, Andreas Faller, le cause principali delle indisponibilità vanno cercate lontano. «Molti farmaci e materie prime sono prodotti in Cina e in India. Spesso diverse aziende ordinano agli stessi produttori localizzati in questi Paesi. Se la produzione viene interrotta, diversi farmaci subiscono ritardi in un colpo solo».
Le soluzioni dilungo periodo, dunque, devono incidere su questo problema: «Dobbiamo ridurre la dipendenza da India e Cina» avverte Faller «un esperto di recente ha detto che i cinesi non hanno affatto bisogno di una bomba nucleare per minacciare qualche Paese, è sufficiente che smettano di rifornirlo di antibiotici».