Dalla ricerca scientifica arrivano nuove evidenze sull’inefficacia dell’azitromicina nel trattamento di covid-19. A fornirle lo studio randomizzato condotto negli Usa da un team dell’università della California e pubblicato una decina di giorni fa dalla rivista scientifica Jama. Per l’indagine sono stati arruolati 263 pazienti con infezione confermata da Sars-CoV2 di lieve entità, che non ha comportato il ricovero in ospedale. Due terzi del campione hanno ricevuto entro sette giorni dalla diagnosi una dose da 1.200 mg di azitromicina orale, il terzo restante un placebo. Quattordici giorni dopo, è stato chiesto ai pazienti di riferire se e quali sintomi erano presenti.
La metà dei pazienti in trattamento con azitromicina e la metà del gruppo placebo risultavano asintomatiche, senza differenze statisticamente significative. Quindi, osservano i ricercatori, l’obiettivo primario dello studio non è stato raggiunto. Parimenti, non sono emerse differenze statisticamente significative neanche in 18 dei 23 endpoint secondari. Dopo 21 giorni, cinque pazienti del gruppo curato con azitromicina risultavano ricoverati in ospedale, nessuno nel gruppo placebo.
«Questi risultati» è la conclusione cui giunge lo studio «non sono favorevoli all’uso routinario dell’azitromicina nell’infezione lieve da Sars-CoV2 con trattamento a livello ambulatoriale». Al contrario, «mettono in guardia contro l’uso eccessivo di antibiotici durante la pandemia e il conseguente incremento della resistenza batterica».