Tutto il mondo è paese e come già in Francia e in Italia anche in Belgio la possibilità che i farmacisti siano autorizzati a vaccinare contro covid provoca la sollevazione dei medici. Il Governo non ha ancora preso una decisione al riguardo, ma al ministero della Sanità sono in corso valutazioni su un intervento legislativo che coinvolgerebbe i farmacisti nella campagna contro covid (al momento è stata coperta con due dosi un quarto circa della popolazione) e magari nella somministrazione dei vaccini antinfluenzali. Fieramente ostile a ogni provvedimento di questo genere l’associazione belga dei sindacati medici (Absym), che in un comunicato ricorda i paletti di legge: «In questo Paese» ricorda la sigla di categoria «nessuno può esercitare l’arte medica se non è titolare del diploma legale di dottore in medicina e chirurgia».
La vaccinazione, è in sintesi la tesi dell’Absym, deve rimanere compito del medico, anche se in molti Paesi i farmacisti aspirano ad assumere diversi competenze finora riservate ai medici. «La letteratura pullula di pubblicazioni che rivendicano il coinvolgimento del farmacista in compiti che sono del medico» prosegue l’associazione «ma i rari studi che sembrano dimostrare l’esistenza di benefici da queste aperture sono stati condotti in regioni dove c’è un’estrema carenza di medici, come in Francia, Canada o negli Stati Uniti».
In più, è la convinzione dell’Absym, i farmacisti del territorio non hanno le competenze per gestire attività oggi rivendicate dalla loro professione come la vaccinazione, la presa in carico delle cronicità, la dispensazione senza ricetta di farmaci con obbligo di prescrizione. «Il follow-up di una malattia cronica può essere considerato solo nella sua relazione con gli altri problemi di salute» ricordano i medici dell’Absym «ciò richiede conoscenze che solo il medico può garantire. Affidare questa responsabilità alle farmacie accresce il rischio di complicazioni potenzialmente gravi, perché il farmacista non fa parte del sistema delle cure primarie».