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Carenza di personale, i giovani farmacisti tedeschi: lavorare sull’attrattività

22 Marzo 2023

Anche in Germania come in Italia le farmacie del territorio devono fare i conti con una diffusa carenza di personale laureato. La colpa però non è dell’università, perché continuano a crescere di anno in anno gli studenti che si iscrivono alle facoltà di farmacia e quelli che si laureano. Dove si nascondono allora le cause della penuria di collaboratori che tormenta i titolari tedeschi? Hanno provato a rispondere al quesito con una ricerca ripresa dalla rivista Daz.online Lisa Meyer e Ilias Essaida, responsabili per l’occupazione e la politica sanitaria della Bphd, l’associazione federale degli studenti di farmacia.

Il primo punto chiave riguarda l’attrattività del lavoro in farmacia: la carenza di collaboratori non dipende da penuria di laureati, quanto piuttosto dal fatto cher un numero sempre maggiore di questi va a cercare lavoro altrove. Statisticamente, dicono i dati, oltre il 70% di chi esce con una laurea in farmacia va a lavorare al banco. Ma altri posti di lavoro stanno guadagnando attrattività: l’industria farmaceutica, per esempio, dove le opportunità di lavoro per i farmacisti sono numerose e le possibilità di carriera interessanti.

Se l’industria è la prima concorrente della farmacia nell’attrarre giovani laureati, un “competitor” di crescente rilevanza è l’ospedale: in Germania si tratta di un’alternativa di sempre maggior peso perché offre percorsi professionali variegati, che non si fermano alla gestione della farmacia ospedaliera ma ormai includono anche la dispensazione in corsia. Dove, per di più, i farmacisti lavorano a stretto contatto con i medici e i pazienti, cosa che ovviamente allarga le opportunità di crescita professionale. Meyer ed Essaida, poi, ricordano le opportunità d’impiego nelle istituzioni sanitarie federali e regionali, a partire dal Bfarm (l’Aifa tedesca).

Un altro aspetto da non trascurare è quello del tirocinio professionale, che dura un anno e segue gli studi: occorre trascorrere in farmacia almeno sei mesi, affinché l’aspirante farmacista conosca la realtà professionale del lavoro al banco. Il problema però è che in questa fase molti studenti finiscono per toccare con mano la pervasività della burocrazia e scatta la disaffezione.

Il tirocinio così, dicono i due rappresentanti della Bphd, diventa molto spesso un’occasione persa: dovrebbe essere il periodo in cui il giovane laureato prende contatto con il lavoro in farmacia e viene contagiato dalla passione e dall’orgoglio dei suoi colleghi più anziani, finisce per diventare un’esperienza che allontana.

Legato al periodo di pratica professionale c’è il tema del salario. Nell’anno di tirocinio, ricordano i due ricercatori, le ore di lavoro settimanale ammontano a 40 ore e includono normalmente anche il sabato. Ma lo stipendio è di gran lunga inferiore al salario minimo del contratto nazionale. La richiesta del Bphd, quindi,  è che il tirocinante riceva almeno la remunerazione minima: i praticanti, dicono Meyer ed Essaida, vengono letteralmente bruciati come manodopera a basso costo, la formazione è spesso trascurata in molte farmacie e non è sostenibile pretendere che l’apprendistato sia una forma di remunerazione.

Se le giovani generazioni di farmacisti vengono trattate in questo modo, è la conclusione del Bphd, non ci si dovrebbe stupire se poi dicono addio alla farmacia. Se invece ci si sforza di seguirli, motivarli e farli crescere, si renderanno conto che la farmacia è un ambiente interessante dove lavorare.