Anche nel Regno Unito come in altri Paesi europei il reshoring – ovvero il rientro della produzione di farmaci essenziali nel territorio nazionale – è una delle opzioni in discussione per affrontare le crescenti carenze di medicinali. Negli ultimi anni, infatti, l’Inghilterra ha assistito a un’impennata delle segnalazioni di problemi di approvvigionamento: tra il 2021 e il 2023 il numero delle notifiche per indisponibilità da parte dei produttori è aumentato del 67%, dalle 82 al mese del 2021 alle 137 del 2023. E nei primi sei mesi del 2024 la media ha raggiunto le 169 notifiche mensili, con effetti diretti sull’accessibilità delle cure da parte dei pazienti. Secondo un sondaggio condotto dal Pharmaceutical Journal, il 68% dei farmacisti inglesi ha dichiarato che, negli ultimi sei mesi, le carenze hanno esposto gli assistiti a rischi di vario genere.
Il problema non riguarda solo l’Inghilterra. Paesi come la Francia e gli Stati Uniti hanno già adottato politiche di reshoring per garantire una fornitura stabile dei farmaci essenziali. Negli Stati Uniti, ad esempio, un ordine esecutivo firmato dall’ex presidente Joe Biden nel 2020 ha incaricato la Food and Drug Administration (Fda) di identificare una lista di medicinali essenziali per i quali occorre garantire la produzione interna e ridurre la dipendenza dall’estero, per prevenire le carenze. Analogamente, l’Agenzia Europea dei Medicinali (Ema) ha pubblicato a dicembre 2023 una lista di oltre 200 sostanze attive considerate critiche per i sistemi sanitari dell’Unione Europea.
In questo contesto, la Francia è tra i Paesi che si stanno muovendo per aumentare la produzione domestica di farmaci essenziali. Nel giugno 2023, il presidente Emmanuel Macron ha annunciato un piano per incrementare la produzione di 50 farmaci critici, selezionati da un elenco di 450 medicinali prioritari stilato dal Ministero della Salute francese. Macron ha dichiarato: «Dobbiamo assolutamente mettere in sicurezza le nostre catene di approvvigionamento, sia tramite un completo reshoring sia diversificando le forniture e continuando a innovare». Il piano francese prevede 160 milioni di euro di finanziamenti per supportare otto nuovi progetti di produzione nazionale, tra cui alcuni dedicati a farmaci di cui il Paese dipende fortemente dalle importazioni, come amoxicillina, morfina e vari anestetici e farmaci oncologici.
Anche in Europa, l’Ema sta studiando misure per promuovere la produzione interna, collaborando con la Commissione Europea per definire un possibile “Critical Medicines Act” e istituendo un’alleanza per i farmaci critici, la Critical Medicines Alliance, nata nell’aprile 2024 per riunire autorità nazionali, industrie, organizzazioni sanitarie e società civile.
Nel Regno Unito, però, l’approccio è più complesso. Secondo Rick Greville, direttore dell’Association of the British Pharmaceutical Industry (Abpi), le dimensioni del mercato britannico – che rappresenta solo il 2,5-3% del mercato globale – rendono più difficile per il Paese giustificare investimenti su larga scala nella produzione locale. «La Francia e il Belgio, per conto dell’Unione Europea, stanno investendo a livello continentale, mentre gli Stati Uniti hanno un mercato abbastanza grande da sostenere la produzione interna. Ma il solo mercato del Regno Unito non è sufficiente per fare lo stesso», ha spiegato Greville.
Tuttavia, altri sono favorevoli a un incremento della produzione domestica. Mark Samuels, amministratore delegato della British Generic Manufacturers Association, sostiene che incrementare la produzione interna possa migliorare la resilienza delle catene di approvvigionamento. Secondo Samuels, «sarebbe un elemento utile per affrontare le carenze», pur riconoscendo che non sarebbe una soluzione definitiva. Samuels ha proposto anche di introdurre criteri di valutazione più rigorosi per le aziende che partecipano ai bandi Nhs, basati su performance passate di affidabilità e continuità della fornitura.
Altri suggeriscono approcci complementari. Liz Breen, direttrice della Digital Health Enterprise Zone e docente di gestione dei servizi sanitari all’Università di Bradford, ha evidenziato che una lista di farmaci critici potrebbe essere utile nel Regno Unito per concentrare le risorse pubbliche, ma sarebbe preferibile utilizzarla come linea guida piuttosto che come un vincolo rigido. Secondo Breen, un elenco simile aiuterebbe a definire una strategia di approvvigionamento per i farmaci non prodotti in patria, evitando così investimenti poco sostenibili per il mercato britannico.
Inoltre, l’Inghilterra ha l’opportunità di attrarre investimenti in farmaci innovativi. Martin Turner, direttore per la politica e le relazioni pubbliche presso la BioIndustry Association (Bia), ha sottolineato che la pandemia di covid-19 ha dimostrato l’importanza di avere capacità flessibili per la produzione di medicinali innovativi nel proprio territorio, garantendo la protezione della popolazione contro le emergenze sanitarie. Questo ha portato molti Paesi a competere per attirare investimenti in nuove strutture di produzione. Tuttavia, Turner ha sottolineato che la decisione delle aziende di aprire nuovi impianti si basano su vari fattori, tra i quali competenze, reti logistiche, stabilità politica e incentivi economici, e che il Regno Unito deve confrontarsi con la forte concorrenza internazionale.
Per sostenere la crescita del settore, il governo britannico ha introdotto diversi incentivi negli ultimi anni. Nell’autunno 2023, sono stati stanziati 520 milioni di sterline per sostenere la produzione farmaceutica nel Regno Unito dal 2025 al 2030, incluso un fondo di 60 milioni di sterline in sovvenzioni per investimenti in farmaci, diagnostica medica e tecnologie sanitarie. Edwards dell’Abpi ha apprezzato l’iniziativa, pur ammettendo che non sarà semplice competere con Paesi come Stati Uniti, Canada e Francia, che offrono incentivi economici molto più consistenti. In questo scenario, ha suggerito che il Regno Unito potrebbe focalizzarsi su terapie innovative ad alto valore, dove dispone già di competenze e di un ecosistema di ricerca e sviluppo ben sviluppato.
Nel contesto delle carenze, tuttavia, la posizione di molti addetti ai lavori resta cauta: attrarre la produzione farmaceutica porta numerosi benefici economici, ammettono, ma l’impatto sulla resilienza delle forniture rimane marginale.