Sono meno di sette su dieci gli di medicina generale che indirizzano sistematicamente i pazienti alle farmacie del territorio nell’ambito del Cpcs (Community pharmacist consultation service), il Servizio che consente a mmg e Pronto soccorso di dirottare sulle farmacie codici bianchi e casi non urgenti. È quanto scrive il Pharmaceutical Journal sulla base della risposta fornita dal governo a un’interrogazione parlamentare: il Cpcs, ha ricordato il ministro Neil O’Brien, è stato lanciato nell’ottobre 2019 per consentire al Nhs 111 (il servizio di emergenza-urgenza della sanità pubblica) di girare alle farmacie le richieste urgenti di medicinali e cure per le piccole malattie. Un anno dopo il servizio è stato esteso ai medici di mg sulla base di un progetto pilota terminato nell’ottobre 2020.
«Da questo marzo» ha detto il Ministro «l’80% di tutti gli studi di mg sono connessi al servizio e di questi l’85% lo usa attivamente». Ne consegue, osserva la rivista, che attualmente solo il 68% dei medici di famiglia gira le alle farmacie le richieste urgenti di minore complessità.
Eppure, ricorda l’articolo, nell’ottobre 2021 erano stati elargiti incentivi ai mmg perché aderissero al servizio. E altre premialità sono state introdotte con i finanziamenti per il 2022/2023 affinché gli studi inviassero settimanalmente almeno 0,65 Cpcs ogni mille pazienti.
Nel dicembre 2021, prosegue la rivista, un rapporto congiunto della Royal pharmaceutical society (l’Ordine dei farmacisti) e del Royal college of general practice (medici di mg) aveva rivelato che soltanto 862 su oltre 6.500 studi medici utilizzavano il servizio. I rappresentanti dei medici di famiglia avevano giustificato tali numeri sostenendo che la macchinosità della procedura (basata su sistemi elettronici) scoraggiava i generalisti. Un rapporto pubblicato in quello stesso periodo suggeriva che la procedura per l’inoltro delle richieste alle farmacie dovesse inserirsi nei percorsi di triage degli studi aggregati.
