Secondo l’emittente France Info, le autorità cinesi avrebbero ordinato alle aziende farmaceutiche nazionali di incrementare quanto più possibile la produzione di antidolorifici e antipiretici e di bloccare le esportazioni verso l’estero. Lo stop discenderebbe dalla grave riacutizzazione dei contagi da covid che ha colpito il Paese asiatico (oltre 250 milioni di infezioni nei primi dieci giorni di dicembre secondo il Financial Time) e riguarderebbe in particolare i farmaci a base di paracetamolo e ibuprofene, che Pechino avrebbe iniziato anche a importare dall’estero.
Anche l’India, riporta la rivista tedesca Apotheke Adhoc, avrebbe già vietato l’export di questi stessi farmaci e alcuni rappresentanti sindacali delle farmacie hanno avvertito i farmacisti titolari delle ricadute che queste restrizioni potrebbero comportare sulle disponibilità, già risicate, di antipiretici.
È anche vero, avverte il giornale, che di tali blocchi delle esportazioni non viene fatta menzione sul sito dell’agenzia del farmaco cinese. Invece, il canale televisivo cinese Cctv ha riferito di recente che nel Paese operano 446 imprese autorizzate alla produzione di ibuprofene e 986 per il paracetamolo (un anno fa erano poco più di un centinaio), ma ha anche ammesso che in alcune regioni si registrano colli di bottiglia nelle forniture.
In ogni caso, alcuni dirigenti sindacali delle farmacie tedesche hanno avvertito i titolari di tenersi pronti a nuove indisponibilità. Per Manfred Saar, presidente della Camera dei farmacisti del Saarland, quanto sta accadendo dimostra «in modo drammatico cosa significhi dipendere da un solo Paese per la produzione di farmaci. Gli avvertimenti che lanciati in questi anni sono stati ignorati dai politici e, in particolare, dalle assicurazioni sanitarie».
Il rischio, in sostanza, è che la difficoltà di approvvigionamento che affliggono alcuni farmaci si aggravino. «Le esperienze degli ultimi anni fanno temere che la Cina avrà un tale bisogno di medicinali che non ci si può aspettare un miglioramento in Germania» continua Saar «considerando la situazione politica globale, in particolare le tensioni tra Cina e Taiwan, che stanno diventando sempre più evidenti, temo che ci accingiamo ad affrontare tempi molto difficili. Le farmacie e gli studi medici in particolare stanno facendo del loro meglio per essere in qualche modo ancora in grado di prendersi cura dei pazienti, ma questo non può compensare anni di evidente cattiva gestione politica».