Si è parlato anche di e-commerce farmaceutico nell’audizione sullo scandalo Cambridge Analytica che il 10 aprile scorso ha messo di fronte il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, e la commissione Giustizia e commercio del Senato americano. L’attenzione di stampa e politici si è concentrata in gran parte sulla vicenda dei dati utilizzati dalla società britannica a fini pubblicitari ed elettorali, ma per alcuni minuti le domande di un senatore della Virginia occidentale, David McKinley, hanno spostato i riflettori su un’altra questione, quella delle vendite di farmaci e stupefacenti condotte illegalmente dalle pagine del social più famoso al mondo. «A suo giudizio» ha chiesto McKinley «Facebook deve tollerare che sostanze come l’ossicodone o l’idrocodone vengano vendute online senza la ricetta del medico?».
A ispirare la domanda, le dichiarazioni rilasciate pochi giorni prima da un alto funzionario della Fda, che accusavano Facebook e Instagram (un altro social network ben frequentato) di non fare niente per fermare l’e-commerce illegale di farmaci e stupefacenti che si nasconde tra le loro pagine. Attualmente, ha ricordato McKinsey esistono 35mila farmacie online e il 96% di queste è illegale. «Perché allora non cancellate i messaggi di chi, da Facebook, mette in vendita questi oppioidi? Il fatto è che Facebook tollera attività illegali che nuocciono alle persone».
Nella sua risposta, Zuckerberg ha ricordato che per la vigilanza il social network si affida a strumenti di intelligenza artificiale che setacciano pagine e post alla ricerca di contenuti illegali. Attualmente, ha aggiunto, il controllo è affidato a tali “sentinelle” così come alle segnalazioni spontanee degli utenti. In programma, però, ci sono potenziamenti di organico che entro la fine dell’anno dovrebbero destinare alla vigilanza più di 20mila persone.