In Francia sette farmacisti titolari su dieci stima che la loro farmacia sia in condizioni economiche negative e nove su dieci sono pronti a scendere in piazza se non ci sarà un adeguamento della remunerazione. Sono i due dati che arrivano dal sondaggio lanciato dall’Uspo (Union des syndicats de pharmaciens d’officine) un paio di giorni fa e al quale hanno già riposto più di 2.400 iscritti.
La ricerca, che esce alla vigilia della presentazione del disegno di legge sulla previdenza sociale (in sostanza una sorta di finanziaria del sistema sanitario e previdenziale) e del via alle trattative per la convenzione farmaceutica, rivela che il 35% del campione giudica insufficiente la liquidità della propria azienda, mentre un altro 35% la definisce preoccupante.
In particolare, dice l’Uspo, se per i commercialisti una farmacia è sana quando dispone di una liquidità sufficiente a coprire due mesi, le risposte al sondaggio dicono che la riserva media si aggira attorno ai 15 giorni. Quasi l’80%, inoltre, riferisce che la propria situazione è peggiorata durante il covid e la successiva ondata inflattiva «Si tratta di una circostanza importante» commenta Guillaume Racle, consulente economico e sanitario dell’Uspo «perché un flusso di cassa che nel 2019 ammontava a 50mila euro non equivale oggi a un flusso della stessa entità: le spese, soprattutto i costi dei dipendenti, sono cresciute a causa dell’inflazione». Secondo il presidente del sindacato, Pierre-Olivier Variot, sono sempre di più i farmacisti che dicono di non avere le risorse per sostituire il collaboratore che va in pensione.
Ma c’è di più: il 90% degli intervistati ammette un netto peggioramento dei conti dall’inizio dell’anno. «Il delta tra entrate e uscite è enorme e continua ad aumentare» osserva ancora Racle «tanto più che nel 2023 le farmacie pagano le imposte del 2022, quando gli affari sono andati bene». Di conseguenza, il 35% dei titolari afferma di aver registrato uno scoperto nel 2023 e un altro 35% pensa che vivrà questa situazione prima della fine dell’anno. Il 25% di loro ha richiesto anche la rateizzazione al proprio grossista-distributore o al proprio gruppo. «In media richieste di questo genere arrivano dal 4-5% dei titolari» ricorda Pierre-Olivier Variot «a luglio i grossisti ci hanno riferito di avere già consumato i fondi dedicati a tali dilazioni»
Per il 90% dei farmacisti, infine, «la mancata rivalutazione dei prezzi farmaceutici e/o la riduzione degli sconti sui generici» rappresenterebbero una minaccia per la sostenibilità delle loro farmacie e di questi nove su dieci sono pronti a mobilitarsi qualora si verificasse l’una o l’altra di queste eventualità. Per ora non ci sono all’orizzonte tagli da parte del governo, ma resta comunque sul tavolo l’ipotesi di un giro di vite ai danni delle farmacie. Le trattative sulla nuova convenzione dovrebbero iniziare a fine ottobre e concludersi non prima di gennaio.