Si allarga, in Germania, il fronte di coloro che vorrebbero ridurre o eliminare la quota minima di acquisti che le farmacie devono riservare per legge ai medicinali d’importazione. La norma, difesa a spada tratta da parecchie casse-mutua per i risparmi che assicura (i prezzi dei farmaci, in Germania, sono spesso più alti di quelli praticati in diversi paesi del sud Europa, Italia compresa) è da tempo sotto accusa per gli scandali legati al contrabbando e alla contraffazione: il caso più recente quello del distributore brandeburghese Lunapharm, che secondo alcune indagini avrebbe immesso consapevolmente nel circuito delle farmacie tedesche specialità rubate in Grecia e altrove. Di qui l’iniziativa annunciata nei giorni scorsi dal Parlamento del Brandeburgo, che nella riunione del Consiglio federale di fine novembre chiederà l’abrogazione delle norme sulla quota obbligatoria d’importazione.
Non solo: come riferisce la rivista tedesca Daz.online, il sindacato delle farmacie sta trattando con la Gkv-Spitzenverband (la sigla di rappresentanza dei fondi sanitari tedeschi) una limitazione della quota riservata al parallel trade nell’ambito del rinnovo della convenzione di settore. Non tutti però concordano con tali posizioni: il ministero della Sanità federale, per esempio, si è espresso ancora di recente a favore dell’obbligo sull’import e ha fatto notare che gli scandali come quello del distributore Lunapharm esisterebbero anche senza tale norma. Come si dice in questi casi, il dibattito è aperto.