Boots, insieme ad altre 81 grandi aziende del settore retail, ha recentemente espresso forti preoccupazioni riguardo agli effetti delle nuove misure di bilancio varate dal Governo per il 2025. Tra queste, l’aumento del salario minimo nazionale, che dal prossimo aprile crescerà del 6,7%, portandolo a 12,21 sterline l’ora (circa 14,10 euro), e altri interventi fiscali come la nuova tassa sugli imballaggi e l’incremento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro. In una lettera inviata al Cancelliere Rachel Reeves e coordinata dal British retail consortium (Brc), i rappresentanti delle aziende hanno sottolineato come questi cambiamenti rischino di imporre un peso insostenibile per il settore, rendendo inevitabili licenziamenti, aumenti dei prezzi al consumo e chiusure di negozi.
«La portata delle nuove spese e la velocità con cui saranno implementate creano un onere cumulativo che renderà inevitabili le perdite di posti di lavoro e certi gli aumenti dei prezzi» si legge nella lettera. La preoccupazione principale riguarda l’incapacità di molte imprese, grandi e piccole, di assorbire incrementi di costo così significativi in un arco di tempo tanto ristretto. Complessivamente, il comparto del commercio potrebbe vedere crescere i propri costi annuali fino a 7 miliardi di sterline (circa 8,1 miliardi di euro), una cifra che include non solo l’aumento del salario minimo e del salario di sussistenza nazionale, ma anche l’introduzione di una nuova tassa sugli imballaggi, prevista per ottobre 2025, e l’incremento dei contributi previdenziali aziendali, che passeranno al 15% a partire da aprile 2025.
Le aziende coinvolte stimano che già solo ad aprile 2025 i costi fiscali saliranno di 140 milioni di sterline (circa 165 milioni di euro), a causa dell’aumento dell’inflazione e della riduzione degli sconti fiscali per alcune attività retail. In questo contesto, i firmatari della lettera hanno chiesto al governo di riconsiderare la tempistica delle misure annunciate, concedendo più tempo per adattarsi e mitigando gli effetti negativi. «Stiamo già iniziando a prendere decisioni difficili nelle nostre attività, e questa situazione si ripeterà in tutto il settore e nella nostra catena di approvvigionamento», hanno scritto, aggiungendo che una revisione dei tempi potrebbe permettere un’adeguata pianificazione per ridurre gli impatti negativi.
Parallelamente, anche il settore delle farmacie ha manifestato preoccupazioni analoghe. Community Pharmacy Scotland (Cps), che rappresenta le farmacie indipendenti in Scozia, ha inviato una lettera al segretario delle finanze scozzese, chiedendo supporto per affrontare i crescenti costi operativi derivanti dal bilancio del Regno Unito. La lettera sottolinea come le farmacie, definite «la porta d’accesso al Servizio sanitario», necessitino di aiuti specifici per fronteggiare gli aumenti dei costi generali, inclusi quelli previdenziali. Cps ha anche criticato il fatto che il settore pubblico riceverà sollievo dai contributi previdenziali per proteggere le strutture ospedaliere, chiedendo un trattamento equivalente per le farmacie. «Non fornire questo sostegno avrà conseguenze reali per le comunità che serviamo», si legge nella missiva.