Nel 2023 l’onorario medio di un locum inglese, ossia il farmacista collaboratore “a chiamata” (o a partita iva, come si dice in Italia), ha toccato le 31,67 sterline all’ora, poco più di 37 euro, in calo del 5% rispetto all’anno precedente. Il dato arriva da un’indagine condotta tra ottobre e gennaio dalla rivista Chemist&Druggist su oltre 1.200 farmacisti: nel 2022 lo stesso sondaggio aveva fissato a 33,30 sterline all’ora (circa 40 euro) la retribuzione oraria media di un locum inglese, il valore più alto mai registrato dal 2008, quando il giornale ha avviato le sue rilevazioni. Il calo tra penultimo e ultimo anno, circa 1,60 sterline, è il primo dal 2016, quando la curva salariuale ha toccato il suo punto più basso (20,50 sterline, poco più di 24 euro).
Il sondaggio ha anche chiesto ai locum a quanto ammontasse, a loro giudizio, una paga oraria equa: il 19% degli intervistati ha affermato che 35 sterline sarebbe stato il valore corretto, il 24% ha fissato l’asticella a 40 sterline, un altro 14% ha indicato 45 sterline e il 6% ha detto 50 sterline e più. Quasi la metà (49%) dei farmacisti locum intervistati, in ogni caso, ha ammesso che negli ultimi 12 mesi il proprio stipendio è diminuito, il 34% circa ha detto che la retribuzione è rimasta invariata e il 17% ha riferito di un aumento della paga oraria. Il 98% di coloro che ha riportato retribuzioni in calo ha parlato di una riduzione di oltre una sterlina l’ora.
La metà del campione, inoltre, ha dichiarato di insoddisfatto della propria retribuzione (nel 2022 ha detto la stessa cosa soltanto il 22% degli intervistati). Di questo gruppo, il 37% circa ha dato la colpa del proprio risentimento al datore di lavoro; in particolare un locum, riferisce Chemist&Druggist, se l’è presa con i «grandi multipli» (come in Inghilterra vengono chiamate le catene) che riducono i salari per scoraggiare i collaboratori a chiamata e chiudere così le filiali, prendendo poi per alibi la carenza di farmacisti.
Un quarto degli intervistati, invece, se la prende con il governo mentre il 17% ritiene che la colpa sia delle autorità sanitarie.