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Ndma e ranitidina, la Fda raccomanda l’osservanza dei livelli di rischio

14 Novembre 2019

Le aziende produttrici di farmaci a base di ranitidina dovrebbero provvedere al ritiro dei loro prodotti solo se l’assunzione di Ndma conseguente all’uso del medicinale supera giornalmente i 96 nanogrammi o 0,32 ppm (parti per milione). E’ l’indicazione diramata nei giorni scorsi dall’Fda americana sulla base dei risultati provenienti a ritmo continuo dalle analisi condotte nei laboratori dell’ente federale. Analisi, è l’altra novità emersa di recente, che hanno rivelato la presenza di Ndma anche nella nizatidina, principio attivo chimicamente simile alla ranitidina. I test, in particolare, hanno rivelato valori nettamente superiori alle soglie indicate in alcuni sciroppi (1,37 ppm) e in confezioni di ranitidina con o senza obbligo di ricetta commercializzate da Cardinal Health (1,02 ppm, Otc), Reddy’s (0,68 ppm, etico) Sandoz (0,82 ppm, etico) e Aurobindo (1,86 ppm, etico).

Resta ancora senza risposta, invece, la domanda relativa alla provenienza della Ndma, in particolare se l’impurezza si formi nel processo produttivo della ranitidina o nello stomaco del paziente, dopo l’assunzione. In attesa che gli esami di laboratorio forniscano nuovi elementi, l’Fda ha ribadito i consigli già forniti a suo tempo (e condivisi da Ema e Aifa): i pazienti che assumono farmaci etici a base di ranitidina si rivolgano al loro medico per valutare un eventuale passaggio ad altri farmaci, quelli che invece assumono ranitidina Otc consultino un professionista della sanità per esaminare la stessa possibilità.