Un nuovo caso di farmaci rubati in un Paese estero e rivenduti alle farmacie tedesche attraverso il canale del parallel trade riattizza la polemica sulle norme che, in Germania, obbligano i titolari ad approvvigionarsi dagli importatori paralleli per almeno il 5% del loro fatturato. Il caso, portato alla luce da un servizio della tv pubblica Ard, riguarda 14mila confezioni di una decina di antitumorali, rubati da alcuni ospedali greci nel 2014 e poi rivenduti tra il 2015 e il 2017 dal distributore brandeburghese Lunapharm a grossisti e farmacie di dieci Lander tedeschi e due Paesi esteri (Polonia e Lituania). Venerdì scorso le autorità hanno revocato a Lunapharm la licenza commerciale, ma ha fatto scalpore nell’opinione pubblica il fatto che le scatole siano arrivate senza difficoltà sugli scaffali delle farmacie dopo essere state stoccate per alcuni mesi in un mercato del pesce di Atene, senza alcun riguardo per temperature e modalità di conservazione.
Questo nuovo scandalo, esploso a quasi due anni dal caso delle confezioni contraffatte di Harvoni giunte nelle farmacie tedesche dopo una complicata triangolazione, ha ridestato le proteste dei titolari verso la norma che li obbliga ad acquistare medicinali d’importazione per ridurre la spesa farmaceutica delle casse-malattia. La disposizione, in sostanza, impone che le farmacie si riforniscano sul mercato parallelo per almeno il 5% del loro fatturato, purché i farmaci importati abbiano un prezzo al pubblico inferiore di almeno il 15% (o di 15 euro) al prodotto corrispondente “made in Germany”. Grazie a tale obbligo, le “krankencassen” hanno risparmiato nel 2017 più di 120 milioni di euro, nonostante le farmacie si siano soltanto avvicinate all’obiettivo di legge (4,8%).
Per l’Abda, l’associazione tedesca che riunisce sindacato e ordine dei farmacisti, i risultati però non compensano i rischi e gli oneri gestionali che le farmacie devono sopportare per rispettare la disposizione. E così, il nuovo scandalo ha offerto all’Abda l’occasione per invitare di nuovo il governo ad abrogare la norma, come già aveva fatto l’anno scorso in occasione del proprio Congresso nazionale: si tratta di un obbligo che risale a epoche ormai lontane, è la tesi dell’associazione, e assicura risparmi tutt’altro che comparabili ai rischi correlati.
Quanto ai retroscena del nuovo scandalo, secondo quanto riporta la rivista tedesca Deutsche apotheker-zeitung all’origine del mancato allarme del sistema di sorveglianza ci sarebbero ritardi burocratici nelle segnalazioni tra autorità nazionali: la Grecia, in sostanza, avrebbe notificato in ritardo i furti, una circostanza che dopo il 2014 non dovrebbe più ripetersi grazie all’intensificazione dei canali di comunicazione tra i vari Paesi. Ma i farmacisti tedeschi rimangono scettici. «I passaggi sono molti» ha spiegato Mathias Arnold, presidente del sindacato titolari della Sassonia-Anhalt «ciò comporta sempre rischi di contraffazione o di contrabbando. In questo modo, riescono a incunearsi nella filiera prodotti che anziché curare mettono in pericolo la salute dei pazienti».