Complice il sistema di determinazione dei prezzi che Berlino ha progressivamente applicato ai farmaci di nuova registrazione, da qualche anno la Germania ha smesso di essere la destinazione principale delle esportazioni parallele provenienti dal resto d’Europa. Questo, almeno, è quanto emergerebbe dai dati dell’Ema secondo un articolo della rivista specializzata tedesca Daz.online: a consultare il database dell’Agenzia europea che tiene traccia delle richieste di autorizzazione all’import/export farmaceutico, si nota che dal 2013 le importazioni parallele con destinazione Germania sono in discesa, mentre crescono progressivamente le esportazioni (vedi tabella sotto).
Secondo la Vfa, l’associazione che rappresenta le industrie farmaceutiche impegnate nella ricerca, all’origine dei due processi in controtendenza ci sarebbe la legge sul farmaco approvata nel 2011 e applicata a partire dall’anno successivo, che ha messo in un cassetto il vecchio sistema di determinazione dei prezzi farmaceutici (in sostanza, ogni azienda determinava liberamente i propri e poi negoziava gli sconti sui medicinali rimborsati con le casse-mutua) per adottare nuovo sistema basato sulla valutazione di costo-efficacia. L’applicazione del nuovo meccanismo avrebbe determinato dal 2013 un progressivo calo dei prezzi, che oggi sarebbero scesi sotto le medie europee. Risultato, da Paese importatore di medicinali la Germania è diventata Paese esportatore, tanto che nel 2018 più del 65% delle richieste di autorizzazione al parallel trade arrivate all’Ema riguarderebbero prodotti in uscita e meno del 35% in entrata. Morale, quando qua in Italia si parla di carenze vietato prendersela ancora con i tedeschi.