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Pharma, 32 aziende scrivono alla Ue: servono misure audaci per rispondere a Usa

17 Aprile 2025

La concorrenza globale si fa sempre più serrata e l’industria farmaceutica europea lancia un appello urgente a Bruxelles. In una lettera indirizzata alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, 32 aziende del settore – tra le quali colossi come Novo Nordisk, Pfizer, Eli Lilly, Roche, Sanofi, Merck, GlaxoSmithKline e Servier – chiedono «misure audaci» per rilanciare la competitività del comparto nel Vecchio Continente.

A motivare la presa di posizione è il rischio concreto di un progressivo disimpegno dall’Europa a favore di altri mercati, in particolare gli Stati Uniti. «Entro tre mesi, 16,5 miliardi di euro di investimenti programmati potrebbero essere trasferiti fuori dall’Europa» avvertono i firmatari, prefigurando un «esodo» verso contesti normativi e finanziari più favorevoli. E gli esempi non mancano: Eli Lilly ha annunciato 27 miliardi di investimenti Oltreoceano, Johnson & Johnson 55 miliardi in quattro anni, Novartis 23 miliardi in cinque anni, tutti destinati a rafforzare la produzione farmaceutica negli Stati Uniti.

Nel dettaglio, le aziende chiedono:

  • una revisione dei tempi e delle procedure per gli studi clinici multinazionali, ancora troppo frammentati e lenti;
  • una politica dei prezzi dei farmaci più sostenibile e competitiva, meno penalizzante rispetto a quella statunitense;
  • un aggiornamento del quadro regolatorio europeo, considerato inadatto a sostenere l’innovazione;
  • un potenziamento delle risorse dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), per renderla un punto di riferimento globale nell’approvazione delle nuove terapie.

Non solo. I firmatari chiedono anche di «sospendere e rivedere» l’attuazione della direttiva che impone alle aziende nuovi standard per il trattamento delle acque reflue prima del rilascio nell’ambiente, misura che – a loro dire – comporta oneri insostenibili per il settore.

L’appello giunge in un momento di forte tensione tra le due sponde dell’Atlantico, segnato da una politica industriale statunitense sempre più aggressiva, soprattutto dopo il cambio di linea impresso dall’amministrazione repubblicana. Bruxelles è ora chiamata a rispondere con urgenza, se vuole evitare che una parte rilevante dell’innovazione farmaceutica migri altrove.