Nel Regno Unito ci sono farmacie online che vendono medicinali come se fossero «un prodotto commerciale». Lo ha detto Duncan Rudkin, amministratore delegato del General pharmaceutical council (Gphc, l’ente inglese cui spetta la vigilanza sull’etica professionale) del Westminster Health Forum. Questi siti web, è l’accusa lanciata da Duncan secondo quanto riporta un articolo della rivista inglese Chemist&Druggist, si limitano a soddisfare le «richieste dei consumatori» piuttosto che rispondere «a una richiesta di aiuto e consulenza, nella quale il farmaco rappresenta solo una parte dell’intervento sanitario»..
È importante, ha detto in particolare Rudkin, che i siti delle farmacie online si presentino come «ambienti sanitari», quando alcuni invece sembrano pensati per suggerire ai pazienti quali risposte dare nei formulari da compilare prima dell’acquisto di un farmaco». Non è professionale la farmacia online che incoraggia i pazienti a comprare un farmaco come se fosse uno shampoo».
Con questo, ha proseguito l’amministratore delegato del Gphc, «non si vuole dire che l’online è male e l’offline è buono», perché nell’uno e nell’altro caso si può lavorare bene o male. Tuttavia, il Consiglio ha «identificato nell’e-commerce farmaceutico una serie di problemi di sicurezza, in particolare per quanto riguarda i medicinali che possono essere usati impropriamente, generare abusi e quindi rischi di dipendenza».
Rientrano in questa casistica gli episodi di «medicinali dispensati senza verificare che prescrizione e dispensazione siano clinicamente appropriate per quel paziente». Il Gphc poi è stato anche testimone di «controlli inadeguati sull’identità dell’acquirente, da cui rischi per bambini e adulti vulnerabili», così come di ricette redatte da medici (in particolare quelli messi a disposizione dalle stesse farmacie online) che nelle loro prescrizioni «fanno eccessivo affidamento sulle informazioni fornite dai pazienti, senza formulare contro-domande accorte per verificare quanto riferito».
Nelle sue ultime linee guida indirizzate ai medici che prescrivono per le farmacie online, pubblicate il mese scorso, il Gphc sottolinea l’importanza di «un’adeguata responsabilità professionale, da parte sia del medico prescrittore sia del sito di e-commerce, per garantire che i medicinali siano clinicamente appropriati». Tra questi, ricorda Rudkin, c’è una scrupolosa verifica dell’identità dell’acquirente, per individuare richieste di medicinali anomale (come l’invio di più ordini allo stesso indirizzo o l’uso della medesima carta di credito». Dallo scorso agosto, il Consiglio ha imposto restrizioni all’attività di 12 farmacie online, in seguito a verifiche sulla fornitura di farmaci ad alto rischio.