Una meta-analisi pubblicata ieri sull’European Heart Journal rivede al ribasso l’intolleranza alle statine e ne sottolinea il rapporto positivo tra rischi e benefici. L’indagine abbraccia 176 studi, 116 dei quali randomizzati controllati, per un totale di 4 milioni di individui. Secondo i risultati solo il 9,1% dei pazienti mostrerebbe effetti collaterali, un valore nettamente inferiore a gran parte dei tassi finora osservati (fino al 50% di intolleranza, con un paziente su due che interrompe il trattamento o lo modifica per reazioni avverse). «Questi dati indicano che circa il 93% dei pazienti che assumono statine può essere trattato in modo efficace, con un’ottima tolleranza e senza alcun rischio» commenta l’autore principale dello studio, il professor Maciej Banach dell’università di Medicina di Lodz.
La meta-analisi, tuttavia, rivela anche intolleranze alle statine più frequenti in anziani, donne, neri o asiatici, obesi, diabetici e malati di ipotiroidismo, insufficienza epatica o renale cronica. Inoltre, l’intolleranza alle statine è aumentata anche dai trattamenti per l’aritmia, dai calcioantagonisti e dal consumo di alcol.
Gli autori, infine, propongono anche una valutazione dell’effetto nocebo, cioè la convinzione del paziente che il farmaco sia all’origine dei sintomi avvertiti. Uno studio pubblicato su The Lancet nel 2017, in particolare, suggerisce l’ipotesi le ricerche sugli effetti collaterali delle statine abbiano finito per indurre i pazienti ad avvertire in prima persona quegli stesso effetti.