La telemedicina ha lasciato il segno, in Francia: prima che iniziasse la pandemia, a gennaio, le consultazioni mediche a distanza non erano più di 10mila alla settimana; a metà maggio, con il lockdown prossimo alla fine, superavano le 951mila. Terminato l’isolamento e ricominciate le visite ambulatoriali i numeri sono progressivamente calati, ma agli assistiti l’esperienza è piaciuta. E quasi due su tre (il 65%) sono favorevoli allo sviluppo della telemedicina.
L’indicazione arriva da un sondaggio condotto da OpinionWay su un campione di mille individui, statisticamente rappresentativo della popolazione francese adulta. L’apertura alle prestazioni sanitarie da remoto, però, non è incondizionata: il 51% ammette timori sulla riservatezza degli scambi e la sicurezza dei dati, e se il 49% degli intervistati dice di essere pronto a utilizzare oggetti connessi per monitorare a distanza la propria salute (l’Internet delle cose, è la definizione), rimane un’ampia fetta di persone che rifiuta di sostituire con un consulto a distanza la classica visita ambulatoriale, soprattutto in presenza di patologie gravi. Il teleconsulto, piuttosto, si rivela utile quando il problema riguarda disturbi come l’emicrania (72%) o l’influenza (62%).
Tra gli aspetti positivi della telemedicina, invece, i francesi mettono al primo posto le trasferte evitate (63%), l’accesso più rapido ai servizi (47%) e la diagnosi in tempi ravvicinati (36%). Inoltre, c’è chi sottolinea che la medicina a distanza attenua o annulla le disparità tra regioni che caratterizzano l’offerta di cure, anche se otto francesi su dieci non sono disposti a pagare di più per le teleprestazioni.