Era uscita dalla porta ma potrebbe forse rientrare dalla finestra la possibilità che le Case di comunità – i poliambulatori delle cure primarie introdotti dal Pnrr e codificati dal dm 77 – si mettano anche a distribuire i farmaci della diretta. È il sospetto che viene a leggere il Documento di indirizzo realizzato dall’Agenas per fornire alle Regioni «linee di intervento condivise e linguaggio uniforme» e «mettere a sistema i modelli organizzativi rilevanti, gli standard esistenti e le principali tematiche connesse».
La Casa di comunità, ricorda il documento, «è il luogo in cui operano, attraverso il lavoro di gruppo, i medici di medicina generale in forma associata, i pediatri di libera scelta, gli specialisti ambulatoriali, il personale infermieristico, gli assistenti sociali eccetera». L’obiettivo è quello di garantire l’accesso unitario e integrato all’assistenza sanitaria e sociosanitaria e ai servizi sanitari, la prevenzione e la promozione della salute, la presa in carico della cronicità e fragilità secondo il modello della sanità di iniziativa, la continuità dell’assistenza anche attraverso il coordinamento con i servizi sanitari territoriali e l’integrazione tra servizi sanitari, ospedalieri e territoriali.
Il modello, a tal fine, prevede due livelli di complessità, Case di comunità Hub e Case di comunità Spoke. La prima tipologia garantisce l’erogazione dei servizi di assistenza primaria e offre attività specialistiche e di diagnostica di base; la Cdc Spoke è prettamente finalizzata all’erogazione dei servizi di assistenza primaria. In particolare, le CdC Hub prevedono la presenza di 7-11 infermieri di famiglia o comunità, ossia un coordinatore Infermieristico, 2-3 infermieri per le attività ambulatoriali, altri due per l’attività di triage e di valutazione dei bisogni di salute e 4-6 per l’assistenza domiciliare, le attività di prevenzione e teleassistenza. Il dm 77, inoltre, prevede una Cdc Hub ogni 40mila-50mila abitanti, mentre il quorum delle CdC Spoke – in quanto presidi di supporto agli Hub – «possono variare in relazione alle diverse istanze locali e geografiche».
Per quanto concerne organizzazione e struttura delle sedi dove verranno ospitate le Cdc, il documento dell’Agenas propone uno schema per macroaree (vedi sopra): quella specialistica ospita tutti i servizi di natura sanitaria come la diagnostica di base, l’area prelievi, i servizi ambulatoriali e quelli specialistici; la macroarea cure primarie accoglie tutti gli spazi della medicina di gruppo, che aggrega mmg, pediatri di libera scelta e infermieri di famiglia; la macroarea assistenza di prossimità, che ospita assistenza medica h24/12, servizi infermieristici, Punto unico di accesso sanitario e amministrativo, nonché uno sportello dei servizi sociosanitari; infine la macroarea servizi generali e logistici, che accoglie tutte le funzioni non sanitarie che permettono il funzionamento della struttura. Ed è qui che va concentrata l’attenzione.
Ogni macroarea è suddivisa in aree funzionali che «sono state strutturate al fine di dare indicazioni per ottimizzarne il funzionamento interno». E all’interno dell’area logistica, il diagramma messo a punto da Agenas contempla tra gli altri il «deposito farmaci/farmacia», riguardo al quale però il documento non fornisce ulteriori dettagli.
Inevitabile allora chiedersi come vada interpretata la presenza di una farmacia nella configurazione standard della Casa di comunità hub. Si potrebbe trattare soltanto del deposito dove stoccare i farmaci destinati all’uso quotidiano di medici e infermieri, ma potrebbe essere anche qualcosa di più. Nel documento d’indirizzo, infatti, c’è una tabella che riassume le figure coinvolte nel modello e tra queste compare la «farmacia» (vedi sotto).
Anche qui sorgono alcuni interrogativi: perché alle altre voci la tabella riporta il professionista (mmg, specialista, psicologo) e nel caso della farmacia invece viene citato il luogo e non la figura (del farmacista)? Che cosa intende Agenas quando dice che la farmacia della Cdc è la «referente dell’uso sicuro ed efficace dei farmaci contenuti nel programma terapeutico»? E cosa vuole dire quando definisce con la parola “uffici” gli spazi utili dove la farmacia/farmacista svolgerà la sua attività? Occorrerà capire: nelle prime bozze del dm77 le Regioni che oggi già fanno distribuzione diretta nelle Case della salute erano riuscite a infilare il farmacista del Ssn tra le figure facoltative del modello e la distribuzione diretta tra le attività praticabili. Poi però il ministero della Salute era riuscito a togliere dal testo finale entrambi i riferimenti. Difficile che Anegas non sia stata informata.