E’ stato rinviato a data da destinarsi soltanto poche ore prima dell’inizio l’incontro tra Sisac e sindacati delle farmacie (Federfarma e Assofarm) che ieri avrebbe dovuto riaprire il confronto sul rinnovo della convenzione con il Ssn, fermo causa covid dal febbraio scorso. A impartire lo stop il coordinatore della Struttura interregionale, Antonio Maritati, che ha giustificato il rinvio con contrattempi insorti all’interno della stessa Sisac. Al momento mancano altri dettagli, ma non è un bel segno il fatto che non sia stato immediatamente fissato un nuovo appuntamento: sono ormai passati tre anni dall’avvio ufficiale della negoziazione (nel settembre 2017) e le parti sono vicine all’intesa soltanto su alcuni capitoli dell’Atto d’indirizzo, quelli più squisitamente tecnici, mentre sui contenuti politici le distanze rimangono consistenti.
Notizie non proprio esaltanti anche dal fronte della nuova remunerazione. Nei giorni scorsi l’Aifa ha fatto avere a Federfarma le proprie osservazioni sul modello messo a punto dalla Federazione e ratificato esattamente un anno fa dall’assemblea nazionale del sindacato. Le considerazioni dell’Agenzia sono prettamente tecniche, ma il tenore non invita all’ottimismo: se si diminuisse la quota percentuale (che nella proposta di Federfarma ammontava al 7%) il Ssn risparmierebbe 91 milioni di euro per ogni punto percentuale in meno; se si modificasse anche la quota variabile (che nella proposta di Federfarma andava da 0,50 a 2,65 euro, in base al prezzo al pubblico del farmaco), si potrebbero risparmiare fino a 190 milioni.
Se l’Aifa fa queste valutazioni è perché i suoi conti e quelli di Federfarma non tornano: tra quota percentuale e variabile “ballano” a pié di pagina circa 400 milioni, in altri termini la proposta del sinbdacato non è a “iso-risorse” come aveva chiesto il ministero delle Finanze. Per l’Agenzia, la differenza potrebbe essere recuperata con un ritocco ai valori del modello. Ma qui a decidere saranno i politici, con i quali Federfarma continua a interloquire.