Anche se obbligatorie per legge, croce verde e insegna della farmacia possono essere assoggettate al pagamento del canone comunale di concessione quando le loro dimensioni superano quelle massime previste dal legislatore nazionale o locale. È il principio – che non mancherà di far discutere – sancito dalla sentenza con cui il Tar Sardegna ha respinto il ricorso presentato contro il comune di Olbia da una decina di farmacie della città gallurese.
Il contenzioso scaturisce dal Nuovo Piano generale degli impianti pubblicitari, che l’amministrazione ha approvato nel novembre 2023 e applicato dall’anno successivo. Il documento, in antitesi alle disposizioni precedenti, considera «mezzi di diffusione di messaggi pubblicitari» tanto le insegne frontali delle farmacie quanto le croci verdi a bandiera, ammette per queste ultime soltanto «l’installazione a parete e non include «le preinsegne indicatrici delle farmacie di zona» tra quelle consentite nel territorio comunale.
Contro il nuovo Piano si è rivolta al Tar una decina di farmacie olbiesi, con l’intervento ad adiuvandum di Federfarma Sassari. Per i ricorrenti, in sostanza, la decisione del comune sarebbe illegittima in quanto croci e insegne sono «funzionali all’individuazione dei servizi di pubblica utilità», tant’è vero che «il precedente Piano comunale degli impianti pubblicitari le sottraeva espressamente all’applicazione del canone».
Il Tar, dopo avere respinto le eccezioni preliminari dell’amministrazione comunale, ha ritenuto infondato il ricorso. Per cominciare, i giudici hanno contestato la tesi per la quale le farmacie eserciterebbero esclusivamente un pubblico servizio, in virtù del quale sarebbe sostenibile l’esclusione dal pagamento del canone unico: oggi di fatto le farmacie operano in un «mercato della salute» che il legislatore ha voluto aprire alla libera concorrenza, dunque «l’insegna delle farmacie non ha soltanto la funzione indispensabile di permettere la loro individuazione sul territorio, ma anche quella di consentire alle medesime di distinguersi sul mercato di riferimento». Stesso ragionamento per la croce, «che mediante l’indicazione dei turni e degli orari di lavoro consente al consumatore di apprendere dove e quando un determinato acquisto potrà essere eseguito».
Rispetto a tale considerazione, proseguono i giudici, è ininfluente il fatto che insegne e croci siano obbligatorie per legge. Non va dimenticato, infatti, che la disciplina statale del canone unico patrimoniale esenta le croci a cassetta solo se «di superficie non superiore a un metro quadrato» (articolo 1, comma 833, lettera B della legge 160/2019) e le insegne «qualora non eccedano la superficie complessiva di 5 metri quadrati» (articolo 1 comma 833, lettera L).
La normativa nazionale, osserva il Tar, ammette che la disciplina comunale possa stabilire altrimenti, e infatti il Piano generale del comune di Olbia assoggetta al paramento del canone le croci che eccedono i 120×120 centimetri e le insegne frontali di superficie superiore ai 5 metri.
Per finire, concludono i giudici, «non sono condivisibili neanche le doglianze delle ricorrenti in ordine al divieto generalizzato di posizionare nel territorio comunale insegne su palo o preinsegne». Le scelte operate dal Comune, è la valutazione, sono «espressione di discrezionalità, con la quale l’Amministrazione ha valutato comparativamente interessi pubblici e privati».