A parte le due felici eccezioni rappresentate da Lombardia e Veneto, la farmacia del territorio rimane esclusa od ottiene soltanto partecipazioni marginali nelle delibere con cui le Regioni hanno recepito il Piano nazionale sulla cronicità. E’ il desolante panorama che emerge dalla ricognizione effettuata nei giorni scorsi dalla Fnopi, la Federazione degli ordini delle professioni infermieristiche: a quasi tre anni dall’approvazione di quel Piano (varato nel settembre 2016 su impulso dell’allora ministro della Salute, Beatrice Lorenzin), sono cinque le Regioni che ancora non l’hanno recepito formalmente (Campania, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna, vedi tabella sotto). E delle 15 che invece l’hanno fatto – come rivela una verifica effettuata da FPress sulle deliberazioni regionali – soltanto due hanno riconosciuto alle farmacie del territorio un ruolo commisurato alle indicazioni del Piano nazionale: la Lombardia, che ha inserito la farmacia dei servizi nel sistema della presa in carico e ha consentito alle farmacie delle zone rurali emontane di svolgere la funzione di microerogatori, e il Veneto, che nel suo ultimo Piano sociosanitario ha affidato alle farmacie il monitoraggio dell’aderenza terapeutica.
Altrove, poco o niente: il recepimento piemontese parla genericamente di partecipazione delle farmacie nella presa in carico, ma quando deve elencare i profili professionali coinvolti nei primi programmi sperimentali (17 in tutto), il primo in elenco è quello del mmg e il farmacista sta al 16° posto, subito prima delle associazioni dei malati. Citazioni marginali anche nei recepimenti di Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Trento, altrove invece la farmacia non viene neanche contemplata e la regia degli interventi viene affidata quasi sempre ai medici di famiglia. In quelle Regioni, poi, che istituiscono commissioni, tavoli di monitoraggio o gruppi di lavoro per orientare interventi e progetti, le farmacie rimangono perennemente fuori.