La classificazione delle farmacie in urbane, rurali o rurali sussidiate non può prescindere «dall’articolazione territoriale individuata dal Comune e approvata dall’Istat», così come dettato dall’articolo 9 della legge 1228/54: «il Comune provvede all’individuazione e delimitazione delle località abitate e alla suddivisione del territorio in frazioni geografiche. Il piano topografico sarà sottoposto, per l’esame e l’approvazione, all’Istituto centrale di statistica». E’ quanto stabilisce la sentenza del Tar Veneto (pubblicata lunedì 21 gennaio) che respinge il ricorso con cui quattro farmacie dell’Asl 3 Serenissima si erano opposte alla riclassificazione operata a settembre dall’Azienda sanitaria. In due casi la contestazione riguardava l’attribuzione della qualifica di farmacia “urbana” anziché “rurale”, negli altri due di “rurale” anziché “rurale sussidiata”.
Per i giudici amministrativi il ricorso è manifestamente infondato. La riclassificazione delle quattro farmacie, infatti, è stata effettuata «in perfetta aderenza a quanto stabilito dalla legge e in conformità con le informazioni rese dai Comuni interessati in occasione dell’ultimo censimento Istat (2011)». In base all’articolo 1 della legge 221/68, ricorda il Tar, «il criterio per la distinzione tra farmacia “urbana” e “rurale”, è quello topo-demografico, per cui sono rurali le farmacie situate in comuni, frazioni o centri abitati con meno di cinquemila abitanti e sono invece urbane le farmacie situate in comuni o centri abitati con popolazione superiore». La stessa Legge, all’articolo 2, stabilisce poi che «l’indennità di disagiata residenza» è concessa discrezionalmente alle farmacie rurali ubicate in località con popolazione compresa fra tremila e cinquemila abitanti (le cosiddette farmacie rurali ordinarie); viene invece assegnata di diritto alle farmacie ubicate in centri con popolazione inferiore ai tremila abitanti (“rurali sussidiate”). Nei casi delle due farmacie che lamentano la mancata classificazione in rurale sussidiata, prosegue il Tar, le popolazioni di riferimento ammontano rispettivamente a 3.062 e 3.346 abitanti, dunque la delibera dell’Asl è formalmente corretta.
Negli altri due casi, invece, le contestazioni riguardano l’identificazione in “frazioni” delle località in cui sorgono le farmacie. A tal proposito, i giudici veneti ricordano che in base all’articolo 5 della 221/68 le Asl deliberano sul diritto all’indennità «in base ai dati ufficiali della popolazione residente in ciascun capoluogo, frazione o centro abitato, pubblicati dall’Istituto centrale di statistica o, in mancanza, su attestazione della prefettura». Se ne deduce che la qualifica di frazioni e la loro estensione è certificata soltanto dalle carte topografiche con le quali i comuni provvedono «alla suddivisione del territorio comunale» e tracciano i confini delle frazioni, per poi sottoporre tali mappe all’esame e all’approvazione dell’Istituto centrale di statistica (legge 1228/54, articolo 9). E’ dunque corretta, conclude il Tar, la qualifica di farmacia urbana assegnata dall’Asl alle altre due farmacie ricorrenti, in un caso perché la località in cui sorge l’esercizio «non assurge al rango di frazione» (e dunque fa da riferimento la popolazione del comune), nell’altro perché la località in cui opera è considerata frazione congiuntamente a un altro centro abitato e il totale dei residenti supera le 5.800 persone.