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Decreto su prezzo tamponi al Senato, tutte le disparità tra farmacie e laboratori

25 Settembre 2021

Il decreto 127/2021 sui tamponi a prezzo calmierato (in vigore da mercoledì 22 settembre) approda al Senato per la conversione in legge e si fanno ancora più evidenti le perplessità attorno al comma 1ter dell’articolo 4, che estende a laboratori e strutture autorizzate l’adesione obbligata al protocollo del 6 agosto come il comma 1bis fa per le farmacie.

Accresce i dilemmi il Dossier redatto dal Servizio studi di Palazzo Madama per analizzare contenuti ed effetti del decreto. Dove trova conferma la disparità di trattamento che il decreto riserva a farmacie da una parte e laboratori dall’altra: alle prime, infatti, il comma 1bis commina in caso di inosservanza «una sanzione amministrativa pecuniaria da mille e 10mila euro», più l’eventuale «chiusura dell’attività per una durata non superiore a cinque giorni»; al comma 1ter, invece, non figurano penalità per le eventuali inadempienze di laboratori e strutture sanitarie, che dunque avrebbero ben poco da rischiare nel caso volessero mantenere i prezzi non calmierati.

E a ben vedere, c’è forse un motivo: con un passaggio sibillino, infatti, il comma 1ter «chiarisce che l’applicazione del prezzo calmierato è assicurata da tutte le strutture sanitarie convenzionate, autorizzate o accreditate con il Ssn aderenti al Protocollo d’intesa» del 6 agosto (il virgolettato arriva sempre dal Dossier del Centro studi del Senato). In sostanza, emerge un’altra differenza di trattamento tra laboratori e farmacie: all’1bis viene imposto il prezzo calmierato alle farmacie «di cui all’articolo 1, commi 418 e 419, della Legge di bilancio 2021», ossia a tutti gli eserciti che offrono lo screening con tampone antigenico rapido; il comma 1ter, invece, impone il prezzo calmierato soltanto alle strutture che hanno aderito al protocollo del 6 agosto, cosa che di fatto si traduce in una tautologia perché se hanno recepito il protocollo già hanno adeguato le loro tariffe.

All’origine della lapalissianità c’è il diverso assetto normativo in cui operano i due canali: le farmacie sono state autorizzate a praticare i tamponi da una disposizione della Legge di bilancio, che quindi permette di perimetrare con precisione altri interventi diretti soltanto ai titolari che offrono il servizio. Laboratori e strutture sanitarie, invece, operano in base ad accreditamenti, autorizzazioni e convenzioni, e gli screening rientrano tra le loro attività “istituzionali”. In più, potrebbe avere suggerito al legislatore un profilo più “basso” la sentenza con cui, nel dicembre scorso, il Tar Sicilia aveva bocciato il provvedimento della Regione che obbligava le strutture sanitarie a praticare sui tamponi antigenici un prezzo calmierato (15 euro, guarda caso). Secondo i giudici, quella disposizione era stata adottata senza alcuna istruttoria preventiva che tenesse conto dei costi sostenuti dalle imprese.

Intanto, da Federfarma arrivano precisazioni sulla procedura da osservare nel caso in cui a richiedere il tampone in farmacia sia uno dei soggetti che hanno diritto alla gratuità del test: la certificazione che ne attesta le condizioni può essere rilasciata soltanto dai medici vaccinatori dei Servizi vaccinali regionali o dai mmg/pls dell’assistito che partecipano alla campagna di vaccinazione.