filiera

Diretta, il tavolo congiunto: dpc possibile solo sui farmaci per i cronici

21 Novembre 2023

L’unico impatto economico che discenderebbe dallo spostamento in dpc di tutti i farmaci di classe A erogati in distribuzione diretta ai pazienti cronici riguarderebbe il costo del servizio assicurato dalle farmacie per l’erogazione. Dunque, «si rende necessaria una standardizzazione dell’onorario del servizio a livello nazionale», ossia il superamento della «enorme eterogeneità» che caratterizza i compensi riconosciuti alle farmacie nelle singole regioni. È quanto raccomanda il Documento del tavolo tecnico per la revisione dei canali distributivi del farmaco che la Sifo ha pubblicato ieri sul proprio sito. Si tratta, in sostanza, della relazione finale del gruppo di lavoro che Federfarma, Fofi, Assofarm e Società italiana dei farmacisti ospedalieri avevano costituito perché definisse le linee direttive con cui riorganizzare i canali distribuivi dell’assistenza farmaceutica territoriale.

In particolare, l’obiettivo del Documento è quello di individuare i criteri oggettivi, scientifici e sostenibili (per il Ssn) con cui «determinare a monte» i farmaci da dispensare soltanto in distribuzione diretta e le categorie che dalla diretta «possono essere trasferite» nella dpc, nonché «valutare il percorso istruttorio necessario per il trasferimento dei farmaci dalla dpc alla convenzionata».

Per quanto concerne il passaggio da dd a dpc, il tavolo tecnico è del parere che le uniche categorie per le quali l’opzione risulterebbe valutabile sono quelle dei farmaci di classe A-pht destinati ai cronici e già oggi erogati in distribuzione diretta o per conto (a seconda delle scelte delle singole regioni). «Considerando le prime 30 categorie a maggiore spesa» specifica il documento, «si registrerebbe un incremento dell’onere a carico del Ssn di circa 230 milioni di euro, costituito interamente dal costo del servizio (ossia la dpc da parte delle farmacie, ndr)». Per tale stima, scrive il Tavolo tecnico, è stato considerato un onorario pari alla media dei compensi riconosciuti ai farmacisti dalle diverse regioni, che di caso in caso possono andare da meno di un decimo a quasi quattro volte il prezzo al pubblico.

 

 

Se l’obiettivo della riclassificazione da diretta a dpc è quello di «garantire che gli stessi farmaci vengano distribuiti con i medesimi canali distributivi su tutto il territorio nazionale», in modo da «assicurare un equo accesso all’assistenza farmaceutica e senza determinare un aggravio di spesa», occorrerà dunque fare in modo che le tariffe della dpc siano standardizzate a livello nazionale. Al riguardo il documento non avanza proposte, ma comunque ricorda la Relazione tecnica dell’Aifa dalla quale risulta che la media nazionale dei compensi fissati per la dpc nelle diverse regioni ammonta a 7,03 euro (vedi tabella sotto) e la mediana scende a 6,80 euro.

Non ci sono invece né stime né indicazioni riguardo all’altra opzione “pro-farmacie”, lo spostamento dei farmaci A-pht da dd-dpc a convenzionata. Al riguardo, recita la relazione, ogni indicazione potrà essere valutata soltanto dopo che sarà entrata in vigore la nuova remunerazione e si sarà cominciato a rendicontare la spesa farmaceutica con il flusso dati della Tessera sanitaria anziché con le rilevazioni di Promofarma sulle dcr.