Per ora si contano sulle dita di una mano le Asl che hanno scritto alle farmacie per dire che ci sono anche loro tra i fornitori di beni e servizi coinvolti dal primo ottobre dai cosiddetti “e-order”, gli ordini elettronici della sanità pubblica. E’ quanto prevede il decreto del Mef datato 7 ottobre 2018, che obbliga le strutture del Ssn alla digitalizzazione del sistema degli acquisti: dall’inizio del prossimo mese, in sostanza, gli enti e i soggetti che comprano per conto del servizio sanitario potranno effettuare ordini soltanto elettronici, attraverso un Nodo centrale (Nso, Nodo smistamento ordini) che dialoga con le altre piattaforme dell’amministrazione pubblica.
Per lo stesso motivo, i fornitori sono tenuti a comunicare a loro volta ad Asl e strutture sanitarie il canale su cui vogliono ricevere gli e-order, per esempio Pec o Peppol (Pan-European public procurement online, lo standard di certificazione europeo per l’invio di documenti). Ed è proprio su questo che, come detto in apertura, una ridottissima avanguardia di aziende sanitarie ha cominciato a interrogare le farmacie.
Il fatto però è che nessuno ha ancora la sicurezza che il nuovo sistema di e-order coinvolga effettivamente e in che misura i farmacisti del territorio. Il Mef deve ancora emanare le regole tecniche per emissione e trasmissione degli ordini digitali nonché le linee guida per la loro gestione, intanto Federfarma ha aperto fin da giugno un confronto con i funzionari del dicastero per avere chiarimenti. Come scrive il sindacato in una circolare diffusa a fine agosto, il Mef non ha ancora assunto una posizione netta sulla questione, però l’orientamento emergente tenderebbe a escludere l’obbligo di “e-order” sui farmaci, mentre sono ancora in via di valutazione le implicazioni per le altre forniture di beni e servizi (per esempio le preparazioni galeniche). Chiarirà il Mef, anche se ormai manca una ventina di giorni alla scadenza e a Roma l’attenzione generale è concentrata sul completamento dell’organigramma di governo.