Farmacie e farmacisti si collocano tra le attività e le categorie di lavoratori a maggiore rischio una volta che il Paese comincerà la transizione alla cosiddetta fase 2, ossia la progressiva uscita da restrizioni e chiusure. Lo dice l’Inail nel documento tecnico con cui gli esperti dell’Istituto forniscono una prima analisi degli interventi da apparecchiare in vista della graduale ripresa delle attività produttive. Pubblicato ieri, il rapporto raccomanda misure differenziate per settore e proporzionate ai rispettivi livelli di rischio, ossia la probabilità che nell’ambiente di lavoro si sviluppino infezioni e contagi.
Per valutarli comparto dopo comparto, il documento propone una scala del rischio su tre livelli – verde, arancione e rosso – che a loro volta sono la risultante della somma algebrica di tre parametri: esposizione (ossia la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio), prossimità (ossia la disponibilità di spazi adeguamenti sul luogo di lavoro) e aggregazione (per i lavori che obbligano a contatti con altri soggetti oltre ai lavoratori dell’azienda). Per ogni parametro gli esperti dell’Inail hanno definito una scala di valori e ogni singola valutazione è stata poi integrata con le altre per ottenere il livello di rischio finale.
I farmacisti, come detto, si collocano nella classe di rischio più elevato, colore rosso, assieme alle forze dell’ordine, alle altre categorie della sanità e dell’assistenza sociale, alle agenzie funebri e ai parrucchieri. Bollino rosso anche per le farmacie, che tra le attività con codice Ateco G (commercio) sono le sole a essere collocate nella fascia di maggiore rischio.
Dai codici-colore assegnati a ogni attività e categoria di lavoratori dipendono intensità e composizione delle misure che per l’Inail dovranno essere assicurate dalle aziende alla riapertura o con l’avvio della fase 2. «La progressiva riattivazione del ciclo produttivo non può prescindere da un’analisi dell’organizzazione del lavoro atta a contenere il rischio» si legge nel documento «attraverso rimodulazione degli spazi e postazioni di lavoro, dell’orario di lavoro e dell’articolazione in turni, e dei processi produttivi». Le farmacie non hanno mai chiuso, ma la prospettiva che con la fase 2 milioni di italiani torneranno a circolare imporrà anche a loro riorganizzazioni degli spazi e dei flussi di lavoro. Conferma il report dell’Inail, che nelle conclusioni ricorda: «molti dei settori più pericolosi sono tra quelli che sono rimasti aperti in quanto essenziali. C’è bisogno dunque di approfondire il fenomeno del contagio e il suo impatto nel settore socio-sanitario, al fine di rafforzare tutte le misure necessarie per garantire la tutela della salute e sicurezza di tutti i lavoratori».