I farmacisti titolari incassano un altro intervento favorevole sull’esclusione di sconti Ssn e ticket dal computo del fatturato annuo di riferimento. Arriva dal Consiglio di Stato, che in un parere pubblicato il 2 luglio si esprime in senso favorevole sul ricorso straordinario al presidente della Repubblica presentato da un titolare valdostano di farmacia rurale. L’impugnazione riguarda la nota del 16 marzo 2017 con cui l’Asl del capoluogo comunicava al farmacista che nell’anno precedente il fatturato Ssn del suo esercizio aveva oltrepassato la soglia dei 387.342,67 euro. Nel computo, è l’obiezione mossa dal ricorrente, l’Azienda sanitaria aveva però incluso i ticket versati dagli assistiti a titolo di compartecipazione e gli sconti Ssn, violando così l’articolo 2, comma 1, della legge 549/95 e l’articolo 8, comma 2, del d.lgs 502/92.
Nel suo parere il Consiglio di Stato dà ragione al titolare su tutta la linea, anche se di fatto (come controargomentato dal ministero della Salute e dalla Regione Val d’Aosta) l’Asl aveva incluso nel fatturato di riferimento soltanto i ticket e non gli sconti: «Per la giurisprudenza» scrivono i giudici «nel concetto di “fatturato in regime di Ssn”, non devono essere computati gli sconti che la legge impone sul rimborso dei farmaci e la quota di partecipazione alla spesa dovuta dagli assistiti», in quanto si tratta di voci di costo «che non sono corrisposte dal Servizio sanitario ma rimangono a carico della farmacia che ha erogato il farmaco».
Come detto, l’intervento del Consiglio di Stato ribadisce conclusioni già raggiunte da altri tribunali. Si può ricordare, per esempio, la sentenza del 13 maggio 2016 del Tar Piemonte, nella quale si afferma che gli sconti non devono rientrare nel computo del fatturato Ssn in quanto «si tratta di una voce di costo che non è corrisposta dal Ssn ma rimane a carico della farmacia». O ancora, la sentenza del Tribunale di Siracusa del 7 luglio 2016, nella quale si riteneva «quantomeno illogico ritenere che nella nozione di “fatturato in regime di Ssn” vadano ricompresi importi che non sono stati pagati dall’Azienda sanitaria». Stesse conclusioni anche in una sentenza del Tribunale di Genova del 2013 e in un’altra del Tribunale di Santa Maria di Capua a Vetere, del novembre 2008.