E’ passato giusto un anno e per parecchi titolari rischiano già di svanire i benefici concessi dalla Legge di Bilancio 2018 con l’innalzamento a 300mila euro della soglia di fatturato per gli sconti ridotti (60%) alle piccole farmacie e a 450mila per le rurali sussidiate. Il dietrofront – perché di questo si tratta – arriva da uno degli emendamenti che il Governo ha presentato domenica alla commissione Bilancio della Camera, dove si sta lavorando alla Manovra per il 2019: si tratta della proposta di modifica 41.029, che dovrebbe essere approvata in giornata. Le disposizioni che contiene ripropongono il collaudato copione della carota seguita dal bastone: la prima è assicurata dalle lettere a e b del comma 1, che introducono una nuova categoria di farmacie “agevolate”; si tratta degli esercizi con fatturato Ssn inferiore ai 150mila euro, ai quali l’emendamento cancella non solo gli sconti ridotti della fascia fino a 300mila euro, ma anche lo sconto agevolato dell’1,5% per le rurali con fatturato fino a 450mila euro.
La bastonata, invece, arriva dalla lettera c dello stesso comma, che detta in maniera analitica le voci da computare nel fatturato Ssn: dal primo gennaio del nuovo anno, dice in sintesi la norma, partecipano al totale dpc, integrativa e ticket (oltre ovviamente ai farmaci della convenzionata), restano invece fuori iva, sconti Ssn, trattenute varie e compartecipazione sugli equivalenti. E’ un intervento che fa clamore perché è la prima volta che il legislatore nazionale interviene sulla materia, lasciata finora alla competenza delle singole regioni (che si sono mosse in ordine decisamente sparso). Si ricorda soltanto un precedente, ed è il famoso parere del ministero della Salute del gennaio scorso, che sosteneva ben altri tesi – vanno escluse dal fatturato Ssn tutte le voci, disse l’ufficio legislativo del dicastero – e che Federfarma cercò di imporre alle Regioni come interpretazione genuina di sentenze e norme vigenti. Ne scaturì un contenzioso considerevole (in molte regioni le farmacie cominciarono dalla primavera successiva ad applicare il parere alle dcr e le Asl replicarono con rettifiche e contestazioni) e poi quest’estate la decisione del sindacato titolari di avviare una campagna di cause legali attraverso le proprie rappresentanze regionali.
Ora l’emendamento del Governo, che non solo smentisce e vanifica il parere ministeriale di gennaio, ma impone una lettura “nazionale” della norma sul fatturato Ssn che penalizza pesantemente le farmacie di tutte quelle Regioni in cui dpc e/o integrativa erano lasciate fuori dal computo. Ce ne sono almeno quattro, ossia Abruzzo, Liguria, Lombardia e Umbria, e c’è anche la Campania, dove una circolare del governatore De Luca aveva recepito il parere ministeriale in attesa di nuove indicazioni. Se l’emendamento completerà con successo l’iter legislativo, le farmacie di tali regioni dovranno integrare nei loro conteggi dpc e integrativa e per molte il totale decreterà il superamento della soglia dei 300mila o dei 450mila euro, da cui la perdita delle agevolazioni di cui avevano cominciato a beneficiare da quest’anno.
Che questi siano gli effetti non è un caso, secondo alcune fonti. Da mesi, a quanto pare, il ministero delle Finanze aveva mostrato crescente preoccupazione per i mancati introiti legati proprio alle nuove soglie di fatturato, che di fatto avevano allargato di un migliaio di farmacie la platea degli “agevolati”. Stesso discorso per le Regioni, che in più avevano tratto coscienza dal già citato parere del Ministero che la babele di norme locali sul fatturato Ssn non era più sostenibile. «Da tempo» conferma il segretario di Federfarma Abruzzo ed ex presidente del Sunifar, Alfredo Orlandi «girava una circolare del Mef che faceva capire quale fosse l’orientamento del Ministero sulla materia. Ho chiesto più volte a Federfarma di poterne prendere visione perché so che è in loro possesso, ma ho sempre ricevuto rifiuti». Per Orlandi, l’emendamento sul fatturato Ssn nascerebbe al Mef e Federfarma ha potuto soltanto smussarne i contenuti con l’abrogazione dell’1,5% per le piccolissime farmacie. «Un contentino del tutto insufficiente» osserva Orlandi «perché chi ne beneficia si terrà in tasca dai 2mila ai 4mila euro, invece le farmacie che perderanno gli sconti agevolati dovranno rinunciare anche a 25mila euro ciascuna».
In Federfarma invece le stime sugli effetti della misura sono ancora in corso, ma la presidente del Sunifar, Silvia Pagliacci, invita alla cautela: «Questo emendamento è frutto delle richieste delle Regioni per un’omogeneizzazione delle modalità di computo» spiega a FPress «l’iter della Manovra però è ancora lungo e in Aula arriveranno probabilmente emendamenti».