Dal Consiglio nazionale di Federfarma arriva un no netto a eventuali partecipazioni del sindacato titolari in società di gestione del risparmio (sgr) o fondi di private equity diretti all’acquisto di farmacie. E’ il pronunciamento che esce dalla seduta con cui ieri le rappresentanze territoriali della Federazione si sono espresse sulla richiesta della presidenza di avere mandato per trattare con gli investitori che l’avevano contattata. Hanno risposto no all’unanimità (cioè con tutti i loro delegati, in rappresentanza dell’unione regionale così come delle associazioni provinciali) Lombardia, Toscana, Liguria, Sardegna, Calabria, Sicilia, Puglia e Trentino; si sono invece espresse per il sì – sempre all’unanimità – Campania e Umbria, mentre Emilia Romagna, Piemonte, Abruzzo e Veneto si sono divise tra favorevoli e contrari.
Va detto che una consultazione completa non c’è stata, perché non appena la discussione in aula ha fatto capire con chiarezza che il no avrebbe prevalso nettamente, il presidente di Federfarma Marco Cossolo ha ritirato la proposta: Federfarma, ha detto, non firmerà nessuna lettera d’intenti per proseguire nella trattativa con la sgr.
Il fronte delle rappresentanze contrarie all’operazione, dal canto suo, ha riproposto coralmente le motivazioni che i consigli direttivi delle unioni regionali e associazioni provinciali avevano formulato nelle settimane scorse: per aiutare le farmacie, ha detto Giovanni Crimi, presidente di Federfarma Messina, la strada non è quella del fondo d’investimento, perché chi investe vuole solo profitti. Ha invece parlato di operazione «boomerang» Marco Nocentini Mungai, presidente di Federfarma Firenze: Confcommercio e Confindustria non comprano negozi. Dire sì alla proposta, ha detto Francesca Conchiglia, presidente di Federfarma Lecce, sarebbe l’inizio della fine del sindacato. L’ingresso nella finanza, hanno avvertito Elvio Barla, presidente di Federfarma Imperia, e Manlio Grandino, presidente di Federfarma Sassari, pregiudicherà le relazioni della categoria con la politica.
Oltre a chiudere la porta a ipotetici matrimoni tra Federfarma e capitale, il pronunciamento espresso ieri dal Consiglio nazionale rappresenta anche un invito a una riflessione politica: nessuno dei componenti del Consiglio di presidenza della Federazione proviene da una delle unioni regionali che si sono espresse all’unanimità per il sì, tutti sono di regioni che si sono schierate per il no (Lombardia, Toscana, Sardegna, Puglia) oppure si sono divise tra favorevoli e contrarie (Piemonte, Emilia Romagna, Veneto) o neanche si sono espresse (Lazio e Basilicata).
«Il voto di ieri» commenta a FPress Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia, la prima unione regionale a pronunciarsi all’unanimità contro «rappresenta un momento importantissimo nella vita del nostro sindacato, perché la vittoria del no preserva l’unità della Federazione ed è anche un chiaro avvertimento a non abbandonare la sua missione statutaria, ossia tutelare i farmacisti titolari».