Passerà soltanto dai corsi dell’Istituto superiore di sanità la formazione dei farmacisti del territorio che vogliono vaccinare contro covid. E’ quanto prevede lo schema di accordo-quadro che Governo, Regioni, Federfarma e Assofarm hanno siglato ieri e che andrà al voto dell’assemblea nazionale del sindacato titolari di dopodomani. Il corso per farmacista vaccinatore organizzato quest’autunno dall’Utifar – circa settemila partecipanti secondo le cifre fornite dalla stessa società scientifica – ha valore propedeutico: per l’abilitazione, recita l’intesa, occorre per fora partecipare al corso “Campagna vaccinale Covid-19: la somministrazione in sicurezza del vaccino anti SARS-CoV-2”, che l’Istituto superiore di sanità protrarrà oltre la data di scadenza originariamente prevista (15 aprile) e allargherà con uno specifico modulo Fad disegnato sulle competenze del farmacista.
In aggiunta, i partecipanti dovranno superare un’esercitazione pratica finale di inoculazione, alla presenza di un tutor professionale (medico o infermiere) che certificherà il completamento del percorso formativo. «Le credenziali di accesso al corso» si legge ancora nello schema di accordo «sono fornite dall’Istituto superiore di sanità alla Fofi e, tramite essa, agli Ordini provinciali territorialmente competenti, che provvederanno a distribuirle ai farmacisti.
Tra gli allegati che accompagnano lo schema di accordo c’è anche il nuovo modulo per la raccolta del consenso alla vaccinazione: si tratta della stessa versione semplificata che nei giorni scorsi era stata presentata ai medici con una circolare del ministero della Salute, in cui l’assistito certifica di avere compreso la Nota informativa dell’Aifa sul vaccino che gli verrà somministrato e di avere «riferito al medico* le patologie, attuali e/o pregresse, e le terapie in corso di esecuzione», così come di «avere avuto la possibilità di porre domande in merito al vaccino e al mio stato di salute, ottenendo risposte esaurienti e da me comprese». In calce alla dichiarazione un rimando all’asterisco specifica che, in caso di somministrazione in farmacia, non è il medico ma il farmacista a raccogliere le informazioni cliniche del vaccinando e rispondere alle sue eventuali domande.
Intanto dalla professione medica arrivano nuove sollecitazioni al governo perché alzi uno “scudo penale” a protezione dei curanti. Ma non solo sulle vaccinazioni: «Una tutela giudiziaria limitata ai rischi del vaccino non coglie il problema» osserva in un’intervista a Quotidiano Sanità Carlo Palermo, segretario nazionale di Anaao Assomed (il principale sindacato dei medici ospedalieri) «i professionisti sanitari vengono da un anno tremendo, hanno lavorato senza linee guida su una malattia sconosciuta. Servirebbe una norma che limiti l’intervento giudiziario al solo dolo o colpa grave. Una colpa grave che non può però essere generica, ma commisurata alle reali situazioni operative avute nell’ultimo anno».