Sono 19 le Regioni dotate di fascicolo sanitario elettronico (fse) e undici milioni gli italiani ne hanno aperto uno a proprio nome, ma ai farmacisti del territorio continua a essere negato l’accesso a uno dei suoi componenti più importanti, il dossier farmaceutico. E’ la considerazione che merita di accompagnare il bilancio tracciato dall’Agenzia per l’Italia Digitale (l’ente tecnico della presidenza del Consiglio per lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione) e dal Consiglio nazionale delle ricerche nel corso del convegno sulla sanità digitale organizzato a Sorrento. Negli ultimi tre anni, dicono i dati, sono cresciute da 10 a 19 le Regioni che mettono il fse a disposizione dei loro assistiti (manca soltanto la Calabria) e ammontano a 239 milioni i referti digitalizzati negli 11 milioni di fascicoli “accesi” finora.
Le Regioni dove si conta in proporzione il maggior numero di attivazioni, in particolare, sono la provincia autonoma di Trento (97%), il Friuli-Venezia Giulia (75%), la Toscana (62%), la Lombardia (56%), la Valle d’Aosta (55%), il Veneto (21%) e l’Emilia-Romagna (14%); quelle invece dove risulta più forte l’uso da parte dei medici vedono in testa Lombardia (100%), Valle d’Aosta (100%), Sardegna (100%), Trento (100%), Emilia-Romagna (99%) e Puglia (95%); infine, le regioni dove il fse è più utilizzato dagli altri operatori sanitari sono Trento, Lombardia e Toscana (100%), seguite da Sardegna (93,5%) ed Emilia-Romagna (59,38%).
Attualmente il fse raccoglie i documenti sanitari del paziente come il patient summary, i referti, i verbali di pronto soccorso, le lettere di dimissione e, soprattutto, il dossier farmaceutico, dove vengono archiviate le ricette dem prescritte dal medico. A questi documenti, alcune Regioni ne aggiungono altri o si stanno preparando a farlo, come la raccolta delle cartelle cliniche, i programmi di assistenza domiciliare, i piani diagnostico-terapeutici, i certificati medici, le vaccinazioni e altro ancora. «Il fascicolo sanitario rappresenta un acceleratore del processo di integrazione tra sanità e sociale» ha detto Adriana Agrimi, responsabile Area trasformazione digitale di Agid «le Regioni in questi ultimi anni hanno accelerato il percorso di implementazione e come Agid continueremo ad aiutarle in questo percorso per migliorare e valorizzare la gestione dei dati sanitari».
Restano tuttavia diverse ombre e per le farmacie del territorio la principale riguarda il dossier farmaceutico: a regolarne le funzionalità rimane infatti il regolamento tecnico varato con il dpcm 178/2015, che al farmacista permette l’accesso in lettura (consultazione) soltanto ai dati anagrafici e prescrittivi e in lettura/scrittura (consultazione e immissione dati) soltanto al consenso per la privacy. In altri termini, nel dossier confluiscono esclusivamente le informazioni relative ai farmaci prescritti a carico del Ssn con la ricetta elettronica e ai farmacisti del territorio è preclusa la possibilità di registrare sul fascicolo i consumi dei farmaci senza ricetta e gli altri prodotti (come gli integratori) dispensati dalla farmacia. L’unico intervento consentito è l’annotazione del consenso al trattamento dei dati personali eventualmente rilasciato dall’assistito. Non solo: al resto del fascicolo, compreso il patient summary (ossia la scheda sanitaria riassuntiva del paziente), il farmacista non può accedere neanche in sola lettura.
L’auspicio della professione, dunque, è che il dossier farmaceutico venga attivato al più presto nelle modalità previste dalla legge 98/2013, che aveva introdotto tale strumento nel fse proprio «per favorire la qualità, il monitoraggio, l’appropriatezza nella dispensazione e l’aderenza alla terapia». Ed è per questo motivo che in varie occasioni Federfarma Lombardia ha sollecitato l’avviamento del dossier farmaceutico anche alla luce dei programmi di Regione Lombardia per la presa in carico del paziente cronico. «A nostro giudizio» spiega la presidente del sindacato regionale, Annarosa Racca «l’impianto normativo consente di attivare il dossier, che porterebbe notevoli benefici all’assistenza del paziente cronico e consentirebbe ai farmacisti di fornire il loro prezioso contributo al monitoraggio dei consumi di farmaci e integratori».