Per le farmacie è senz’altro una buona notizia quella che arriva dall’ultima indagine dell’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano in tema di Fascicolo sanitario elettronico: complice anche la pandemia, il 55% degli italiani ha sentito parlare del Fse almeno una volta (un anno fa era il 38%) e il 33% lo ha utilizzato (nel 2021 era il 12%). Medie ancora migliori tra i pazienti cronici o con patologie gravi: l’82% lo conosce e il 54% lo ha utilizzato (nel 2021 erano il 37%).
Perché questi dati rappresentano una buona nuova per le farmacie? C’entrano i progetti dei farmacisti titolari per servizi come l’aderenza terapeutica, la telemedicina e via a seguire: se l’obiettivo rimane quello di farsi remunerare dal Ssn e dalle Regioni per queste prestazioni (in virtù del risparmio che generano in termini di appropriatezza dei consumi e prevenzione), è evidente che ogni negoziazione dovrà avere per base il Fse. Il principio che le farmacie dovranno accettare – come già hanno fatto i medici di famiglia, per esempio – è quello dell’accountability, che si può tradurre con “affidabilità tramite rendicontazione”: tengo traccia di quello che faccio e sulla base di tali dati tu mi remuneri.
Nel caso dell’aderenza terapeutica, per esempio, le farmacie potranno proporsi nel ruolo di “vigilanti” della compliance degli assistiti soltanto se si impegneranno a registrare puntualmente consumi e “refill” dei loro pazienti nel dossier farmaceutico del Fse. Ma se l’uso del Fascicolo sanitario elettronico non prende piede, difficile che si riescano a contrattare prestazioni di questo genere.
Da questo punto di vista, dalla ricerca dell’Osservatorio Sanità Digitale arrivano buone notizie ma anche qualche elemento di preoccupazione. In particolare, dice l’indagine, sono ancora molto poche le Regioni che “alimentano” continuativamente il Fse con i documenti sanitari che dovrebbero rappresentare il livello minimo di dotazione: soltanto Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana e Piemonte mostrano percentuali di “caricamento” superiori al 50% (ossia viene caricato e indicizzato sul Fse più della metà dei documenti relativi alle prestazioni erogate complessivamente negli ultimi due anni). In Campania, Liguria, Sicilia e Calabria, invece, l’alimentazione dei Fse non supera il 5%. Il rischio, è che gli onorari professionali che dovrebbero integrare la nuova remunerazione finiscano per restare al palo nelle Regioni che sono più in ritardo sull’implementazione del Fascicolo digitale.