Si attendevano conferme e ora sono arrivate: il parere del Consiglio di Stato sulle nuove incompatibilità “post-concorrenza” gode della massima considerazione tra i funzionari Asl che devono ratificare l’acquisizione di farmacie da parte di società di capitale. Fa testo il caso dell’esercizio veronese comprato a dicembre in un’asta fallimentare da una catena del sud Italia: la farmacia riaprirà a marzo ma prima di concedere il nulla osta l’Azienda sanitaria ha dovuto sciogliere non pochi dubbi, perché tra i soci della società di distribuzione cui fa capo la catena sono state riscontrate alcune delle incompatibilità elencate dal parere del Consiglio di Stato. Il quale, come si ricorderà, a fine dicembre aveva detto che il farmacista socio di società che detiene farmacie non può essere anche titolare di altre farmacie, direttore o gestore provvisorio, dipendente (della farmacia o di altra impresa), lavoratore autonomo e altro ancora.
Se la farmacia riaprirà regolarmente, è perché alla fine l’Asl ha deciso che la verifica delle posizioni dei soci deve fermarsi soltanto al primo livello della proprietà. Ossia alla società che detiene la farmacia e non a quelle che a loro volta controllano la società stessa. Però il caso dà già una prima misura dei problemi che l’intervento del Consiglio di Stato rischia di originare. Tant’è vero che, secondo alcune fonti, un altro episodio sarebbe già emerso nel veneziano, anche qui con il coinvolgimento di un distributore con soci farmacisti.
Su quest’ultimo caso mancano conferme definitive, ma comunque la storia di Verona già basta a dire che chi aveva visto nel parere di Palazzo Spada una mina infilata sotto i piedi dei farmacisti aveva colto nel segno: fatta eccezione per pensionati e disoccupati, come s’è detto, chi indossa il camice bianco si vede preclusa dal Consiglio di Stato quasi ogni possibilità di partecipazione a una società di capitale che gestisce direttamente farmacie. Tant’è vero che tra i distributori c’è già chi, per prevenire rischi, ha creato sistemi di holding a cascata, le cosiddette scatole cinesi. Funziona se passerà dappertutto il principio fatto proprio dall’Asl di Verona (verifica delle incompatibilità soltanto fino al primo livello), ma non è detto che da qualche altra parte di voglia essere ancora più severi.