Sul doppio canale le Regioni si presentano spaccate alla commissione Affari sociali della Camera, impegnata ieri in un nuovo giro di audizioni nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla distribuzione diretta. Non è una novità e già si sapeva che tra i governi regionali ci sono orientamenti divergenti sul tema, ma la contrapposizione di indirizzi emersa ieri è addirittura stridente e costringerà di certo le farmacie a una riflessione sulle strategie con cui attualmente cercano di contrastare la distribuzione territoriale di Asl e ospedali.
In questa contrapposizione c’è da una parte la Lombardia, che ieri ha mandato la sua vicepresidente e assessore al Welfare, Letizia Moratti, a parlare personalmente davanti alla Commissione in rappresentanza dell’intera Conferenza delle Regioni. In linea con le politiche del farmaco perseguite dalla sua amministrazione. Moratti ha sollevato forti perplessità su efficacia e opportunità della distribuzione diretta. «Il quadro normativo vigente in materia» ha ricordato «risale alla legge 405/2021 che nasceva da esigenze di stabilizzazione della spesa sanitaria. La domanda che oggi occorre porsi, dunque, è se la leva economica rappresentata dalla diretta è ancora vitale per la sostenibilità del sistema e per finanziare l’innovazione».
Per Moratti, la risposta è no. «L’innovazione è già finanziata dal fondo per i nuovi farmaci» ha osservato «e non è vero che mandare i pazienti a ritirare i loro farmaci in ospedale non genera disagi: spesso gli assistiti abitano a grande distanza dalle strutture e gli orari di apertura sono scomodi».
E’ per tale motivo, ha continuato Moratti, che nella bozza di decreto (dm 71) sui nuovi standard dell’assistenza territoriale così come ridisegnata dal Pnrr sono spariti tutti gli originari riferimenti alla distribuzione diretta nelle Case di comunità. «La farmacia dei servizi» ha ricordato ancora Moratti «fa monitoraggio delle terapie e dell’aderenza, gestisce il dossier farmaceutico del paziente, assicura prestazioni di telemedicina e telemonitoraggio. Nelle farmacie del territorio, inoltre, le rotazioni giornaliere rendono gli scaduti quasi inesistenti, cosa che non accade nei grandi magazzini degli ospedali».
Rimane quindi la domanda iniziale: «Un sistema distributivo così complesso» ha ribadito Moratti «ha oggi ancora senso?». Il contenimento della spesa, ha ricordato l’assessore lombardo, «si può ottenere anche con altre vie, per esempio con una nuova remunerazione delle farmacie». Il vero tema da mettere sul tavolo, ha detto Moratti, è questo: «E’ stata varata in via sperimentale una remunerazione aggiuntiva che si protrarrà fino alla fine dl 2022. Per l’anno successivo, quindi, occorre procedere all’elaborazione di un nuovo modello di remunerazione di tipo misto (margine più quota fissa, ndr) che ci consenta di riportare in farmacia la distribuzione del farmaco».
Le ragioni del fronte regionale contrapposto alla Lombardia sono state invece affidate alla memoria scritta che la stessa Moratti ha consegnato alla Commissione. E dalla quale arrivano considerazioni diametralmente opposte a quelle formulate dall’assessore lombardo. «La leva economica generata dalla distribuzione diretta» si legge per esempio in uno dei primi paragrafi «risulta vitale per la sostenibilità del sistema e per garantire l’innovazione». E poco più avanti: «La distribuzione diretta è una forma di erogazione che consente di assistere con maggiore qualità il paziente in termini di conoscenza complessiva dei farmaci, di farmacovigilanza, di controllo della capacità del paziente di seguire la terapia prescritta e di un rapporto continuo tra il farmacista che eroga e il paziente che ritira il farmaco». In particolare, «non si crea alcun disagio al paziente ma anzi si realizza una presa in carico congiunta medico-farmacista con un beneficio potenziale, in quanto vengono contestualmente garantiti il follow-up clinico da parte dello specialista e la distribuzione contestuale del farmaco da parte del farmacista ospedaliero/Asl».
Quanto alla dpc, si legge ancora nella memoria scritta, «tra i principali vantaggi si evidenzia la scontistica analoga a quella della diretta e la prossimità di accesso per il cittadino. Tra gli svantaggi la difficoltà di instaurare un monitoraggio dell’aderenza alla terapia, perché l’assistito può rivolgersi a qualsiasi farmacia per ritirare il farmaco». Di conseguenza, «la distribuzione diretta da parte delle farmacie delle strutture sanitarie regionali dovrebbe prevedere l’home delivery per l’erogazione al domicilio del paziente o direttamente presso le Case di comunità o gli Ospedali di comunità».
Riassumendo: da una parte la Lombardia, che riconferma il suo “rapporto speciale” con le farmacie del territorio, dall’altra quelle Regioni – come l’Emilia Romagna – che insistono per una distribuzione diretta intensa e strutturata. E tra le due posizioni, un solo punto in comune: tutti sono d’accordo sul fatto che occorre assolutamente superare le differenze regionali oggi esistenti su diretta e dpc. Lo sostengono da tempo anche le farmacie, ma non si riesce a capire come sia realizzabile un tale proposito con le Regioni così divise tra loro.