Nel 2018 le cosiddette Fab13, cioè le tredici principali aziende farmaceutiche a capitale italiano, hanno totalizzato un giro d’affari di 11,6 miliardi di euro, in crescita del 4% rispetto all’anno precedente. In aumento anche il personale, che nello stesso periodo ha superato i 43mila occupati per un incremento del 3,3%. I numeri arrivano dal Rapporto di Nomisma Industria 2030, presentato nel gennaio scorso e aggiornato ora con un supplemento d’indagine illustrato ieri in un convegno al Senato. Obiettivo, lanciare alla politica un messaggio chiaro e diretto: nella Legge di Bilancio che ha appena cominciato il proprio iter a Palazzo Madama, servono interventi che agevolino anziché frenare il ruolo trainante del comparto farmaceutico.
I numeri, infatti, dicono che le aziende italiane producono valore per il sistema-paese, anche se a spingere al momento è soltanto l’export: la crescita delle vendite extra-Italia ha superato il 6% nel 2018 e ha assorbito il 68,6% delle vendite, il mercato nazionale invece è rimasto pressoché stabile (-0,6%). Di qui la richiesta delle Fab13 (Dompè, Menarini, Molteni, Zambon, Abiogen Pharma, Angelini, Recordati, Chiesi, Italfarmaco, Mediolanum, Ibn Savio, Kedrion e AlfaSigma) di una maggiore attenzione da parte di Governo e politica. «Questo settore è un gioiello dal punto di vista internazionale» ha sottolineato Lucia Aleotti, cda Menarini «siamo il comparto più verde dell’economia italiana e anche quello più rosa, con la maggiore occupazione femminile. La nostra è una scelta di portare investimenti, ricerca, formazione nel nostro paese. Ma il paese lo vuole questo settore? Noi abbiamo fatto il nostro dovere, ma ora anche le istituzioni devono farlo». «Le Fab13 investono più di un miliardo di euro in ricerca e sviluppo» ha aggiunto Alberto Chiesi, presidente dell’omonimo gruppo «e dimostrano che l’Italia può competere a pieno titolo sul mercato internazionale».
E’ indispensabile però che la prossima Legge di Bilancio non adotti misure penalizzanti per il settore. convegno delle fab13 sull’industria farmaceutica italiana: investono 1 miliardo di euro all’anno nel paese. «Al Governo chiediamo solo stabilità» ha detto ancora Aleotti «ogni volta che le autorità intervengono sui prezzi dei nostri farmaci, gli equilibri industriali vengono stravolti e con essi la nostra capacità di investire e dare lavoro». «Le istituzioni si rendano conto che c’è necessità di ammodernare il sistema» ha aggiunto a margine del convegno Enrica Giorgetti, direttore generale di Farmindustria «sulle cure più innovative grava il payback e dall’altra parte la spesa territoriale cala. Le regole vecchie non sono più valide e abbiamo bisogno che Aifa non impartisca provvedimenti su fondamenti economici ma scientifici».
Tra gli interventi quello del sottosegretario alla Salute, Sandra Zampa, che ha sottolineato «l’importanza del ruolo sociale del comparto farmaceutico italiano, in cui il rapporto tra imprese e istituzioni è fondamentale. Il sistema regolatorio, infatti, è molto complesso e per questo è necessario allinearsi il più possibile con i Paesi virtuosi, in un contesto di reciproca fiducia e collaborazione».